Questa è una sentenza inedita per la legislazione italiana. Finora, in virtù dell’art. 6 del DL 219/2006, che prevede il divieto assoluto di mettere in commercio, su tutto il territorio nazionale, farmaci non preventivamente autorizzati dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) o da un’autorità comunitaria, nessuno poteva ordinare farmaci online da Paesi extracomunitari pena, secondo quanto previsto dall’art. 55 dello stesso DL, una sanzione e il sequestro del farmaco. A questa prassi consolidata i giudici del tribunale del riesame di Roma ora hanno dato una differente interpretazione ovvero importare un farmaco per “uso personale” non costituisce reato in quanto tale attività non è finalizzata alla sua commercializzazione.

Il fatto

Negli ultimi anniè disponibileuna nuova terapia antivirale che consente di curare l’infezione cronica da virus dell’epatite C. E questa è una buona notizia.

Purtroppo questa terapia, a base di Ledipasvir (90 mg) e Sofosbuvir (400 mg), associati in un’unica compressa (Harvoni), in Italia costa 44 mila euro. Ai pazienti più gravi il farmaco viene fornito gratis e il costo è a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

Nel caso di specie, il paziente era considerato di “lieve gravità” per cui doveva attendere il prossimo anno per avere il farmaco gratuitamente. Il signore, ritenendo la sua condizione in una fase di peggioramento, ha deciso di acquistare il farmaco generico da un distributore indiano, pagandolo 2.500 euro.

Un costo decisamente inferiore a quanto avrebbe dovuto pagare acquistandolo nel nostro Paese.

Ma il 9 giugno, all’arrivo in Italia all’aeroporto di Ciampino, la Procura di Roma aveva sequestrato il farmaco salvavita. Il paziente, che aveva a sua difesa tutta la documentazione attestante le condizioni di salute e quindi la necessità del farmaco, almeno per una primo ciclo (infatti la quantità acquistata copriva solo un mese di terapia), aveva fatto ricorso al Tribunale del Riesame di Roma.

Il 2 settembre i giudici gli hanno dato ragione, disponendo l’immediato dissequestro del farmaco.

Si tratta quindi di un importante precedente che potrà avere un seguito, con un impatto non ancora definibile. In ogni caso, qui parliamo di un farmaco già registrato in Italia ma reso disponibile gratuitamente solo al 50% dei pazienti con Hcv (virus dell’epatite).

Acquisto dei farmaci sul web

Anche se ci sono diverse pulsioni atte a favorire un mercato del farmaco sul web, il fenomeno non è certamente né condivisibile né auspicabile. I motivi sono molteplici che vanno dal controllo della qualità dei prodotti acquistati – spesso la cronaca parla di fenomeni di contraffazione che, visto il settore, incidono pesantemente sulla salute dei cittadini – al controllo della filiera – molti prodotti possono degradarsi se non mantenuti in certe condizioni di temperatura, di luce e di umidità – al controllo della necessità terapeutica – evitando autoprescrizioni pericolosissime.

Il caso di Roma è quindi un’eccezione che va inquadrato in un contesto molto particolare.

Come è stato appena descritto. Va comunque precisato che in precedenza ci sono stati altre due sentenze ispirate dal medesimo orientamento. Il 17 maggio 2010 il Tribunale di Genova e il 30 gennaio 2012 il Tribunale di Bari avevano riconosciuto ai ricorrenti che l’importazione di un medicinale per uso esclusivamente personale, per la legislazione corrente, non poteva costituire reato.

Questi precedenti, tuttavia, si riferivano ad altri tipi di farmaci, ben differenti dal recente caso di Roma dove, il problema nasce da una norma che discrimina l’accesso al farmaco tra coloro che sono più gravi e coloro che lo sono meno. Difficile convincere un paziente che, essendo meno grave non dovrà curarsi, in attesa che la sua malattia peggiori.