E’ la prima volta in Italia che viene autorizzato l’uso di una terapia farmacologica che prevede la combinazione di due farmaci che agiscono specificamente su un target biologico (target therapy). Si tratta della combinazione di un inibitore di BRAF (vemurafenib) e di un inibitore di MEK (cobimetinib). BRAF e MEK sono due chinasi, ovvero proteine che riescono a trasferire dei gruppi fosfato dall’ATP (molecola ad elevata energia) a specifici substrati (proteine) mediante un meccanismo chiamato fosforilazione. Nel 2002 è stato dimostrato che alcuni tumori, refrattari alle comuni terapie antitumorali, avevano una mutazione a livello BRAF.

Inizia così una ricerca finalizzata allo sviluppo di molecole efficaci su questi tumori. Associando cobimetinib e vemurafenib è stato osservato un buon controllo della progressione del melanoma con una mutazione V600 del gene Braf.

L’associazione di due farmaci specifici

L’associazione di Cobimetinib (Cotellic) con Vemurafenib (Zelboraf) è stata già approvata in Europa a novembre 2015, sulla base dei risultati positivi di uno studio clinico chiamato coBRIM, che aveva coinvolto 495 pazienti. Questo studio aveva dimostrato che trattando pazienti con melanoma mutato V600, questi vivevano oltre un anno senza segni di peggioramento della malattia. Ora è arrivata anche l’approvazione dell’AIFA. Vemurafenib è un inibitore dell’attività chinasica della proteina BRAF mentre Cobimetinib è un inibitore di MEK, un’altra proteina a valle di BRAF, nella cascata del segnale che controlla la regolazione delle crescita delle cellule.

Nel 50% dei casi, la proteina BRAF presenta delle mutazioni: la più frequente è la V600E ma non è raro trovare anche la mutazione V600K. La combinazione di Cobimetinib e Vemurafenib, bloccando rispettivamente MEK e BRAF, riesce ad aggirare la resistenza di questi tumori, bloccandone la crescita.

Il melanoma

Tutti osserviamo con molta attenzione i nostri "nei" presenti sulla nostra pelle.

Appena notiamo qualcosa di anomalo corriamo dal medico o specialista temendo di avere a che fare con un melanoma, causato dalla trasformazione tumorale dei melanociti, alcune cellule della pelle che producono melanina, un pigmento scuro che ci protegge dagli effetti dannosi dei raggi solari e che, in estate, ci fa abbronzare.

I melanociti spesso si aggregano formando dei puntini scuri, comunemente chiamati nei ("nevo" è il termine medico). Superati i 45-50 anni c’è la possibilità che questi nei possano trasformarsi in una formazione maligna che, se rimossa immediatamente, non crea conseguenze. Se il nevo maligno viene trascurato, potrebbe però trasformarsi in una delle forme tumorali più aggressive e pericolose. In Italia l’incidenza del melanoma è di 13 casi ogni 100 mila abitanti, ovvero 6mila nuovi casi l’anno, con un trend in forte crescita negli ultimi anni.

E quindi importantissimo arrivare ad una diagnosi precoce. Esistono delle regole molto semplici che possono aiutare chiunque a guardare conocchio clinicoquesti puntini cutanei.

Le caratteristiche di un melanoma – distinte da un comune e innocuo neo - sono indicate con la sigla ABCDE, dove A= Asimmetria, B= Bordi (irregolari), C= Colore (sfumature diverse), D= Dimensioni (aumentano nel tempo), E = Evoluzione (rapidi cambiamenti di aspetto).