Si chiama ocrelizumab e promette di essere la terapia del futuro per i malati di sclerosi multipla. E' quanto affermano due studi internazionali condotti da decine di ricercatori, che hanno coinvolto centinaia di pazienti e i cui risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine, la più antica rivista di medicina al mondo e una delle più prestigiose.

Le diverse forme di sclerosi multipla e i linfociti

La sclerosi multipla è una malattia autoimmune che colpisce il sistema nervoso centrale. In particolare, i linfociti B del sistema immunitario producono anticorpi contro la mielina, ovvero lo strato isolante che permette una comunicazione efficace e rapida tra i neuroni.

L'attacco autoimmune dei linfociti B avviene sotto il controllo dei linfociti T e porta all'infiammazione del tessuto nervoso con conseguente morte dei neuroni.

Esistono tre tipi di sclerosi multipla: la remittente-recidivante, in cui la malattia arretra periodicamente per poi ripresentarsi; la progressiva secondaria, in cui tra una remissione e l'altra la malattia progredisce; e la progressiva primaria, in cui la malattia avanza senza pause.

Negli ultimi vent'anni sono stati messi a punto numerosi trattamenti farmacologici, basati sull'interferone ad esempio, che hanno avuto come obiettivo principale la riduzione dell'attività dei linfociti T. I risultati sono stati molto buoni sia sul piano clinico sia per quanto riguarda le lesioni provocate dalla malattia, come rilevato dagli esami di risonanza magnetica.

Tuttavia, tali terapie si sono rivelate efficaci soltanto nella forma di sclerosi multipla remittente-recidivante, con risultati scarsi o nulli sulle forme progressive.

L'ocrelizumab funziona anche nelle formae progressive di sclerosi multipla

I due studi pubblicati sul New England Journal of Medicine sono il frutto di due ampi e lunghi protocolli clinici chiamati ORATORIO e OPERA e ai quali hanno partecipato anche i ricercatori del San Raffaele di Milano guidati dal professor Giancarlo Comi.

Entrambi i protocolli hanno verificato l'efficacia del ocrelizumab, un nuovo trattamento a base di anticorpi monoclonali mirati a distruggere i linfociti B autoimmuni, anziché i linfociti T, come avviene nel caso delle terapie tradizionali a base di interferone. Nello studio OPERA, che ha coinvolto quasi duemila pazienti, l'ocrelizumab si è rivelato più efficace dell'interferone Beta-1a nel controllare i sintomi e i segni della sclerosi multipla di tipo remittente-recidivante.

Ancora più sorprendente è lo studio ORATORIO che ha confrontato i risultati della terapia con ocrelizumab contro un placebo nella sclerosi multipla progressiva primaria in più di 700 pazienti. In questo caso, l'ocrelizumab si è rivelato efficace nel ridurre del 25% il rischio di disabilità e nel far arretrare le lesioni cerebrali dovute alla malattia, in base alle osservazioni effettuate tramite la risonanza magnetica.

"Le due ricerche" sottolinea Stephen Hauser, che lavora all'Università della California a San Francisco e ha svolto un ruolo primario in entrambi gli studi "dimostrano il ruolo fondamentale dei linfociti di tipo B nella progressione della sclerosi multipla e possono contribuire a cambiare il decorso della malattia già dalle sue fasi più precoci".

OPERA e ORATORIO sono studi clinici di fase III, dunque già molto avanzati. L'ocrelizumab, il cui nome commerciale è Ocrevus ed è prodotto dalla Hoffman-La Roche, è ora al vaglio della Food and Drug Administration, l'agenzia statunitense l controllo dei farmaci, e della Agenzia Europea per i Medicinali per la commercializzazione del farmaco.