Due studi pubblicati su JAMA confermano che, durante la chemioterapia, è sufficiente raffreddare il cuoio capelluto per evitare di perdere i capelli. Funziona in un paziente su due.

Due lavori pubblicati proprio il giorno di San Valentino, da due team di ricercatori americani con collaborazioni internazionali, hanno portato alla medesima conclusione: pazienti con cancro alla mammella, sottoposti a chemioterapia, se durante l’infusione della terapia indossavano un caschetto che refrigerava il cuoio capelluto, nel 50% dei casi, evitavano la perdita dei capelli.

Funzione in un caso su due

La ricerca sta andando avanti e nei prossimi anni, con la target therapy e la medicina personalizzata, si andrà oltre la chemioterapia e probabilmente questo problema non ci sarà. Ma ora, i pazienti sottoposti a trattamento con agenti citotossici o antiblastici, devono confrontarsi anche con il problema della perdita dei capelli che visto il contesto può sembrare marginale, trattandosi di un effetto transitorio, ma può incidere profondamente sull’equilibrio psicologico di chi ne è coinvolto.

Due studi pubblicati su JAMA, il primo coordinato da Julie Nangia del Baylor College of Medicine di Houston (Texas), ed il secondo da Hope S. Rugo della Helen Diller Family Comprehensive Cancer Center, University of California (San Francisco), sono giunti allo stesso risultato.

Abbassare la temperatura del cuoio capelluto durante l’infusione di un chemioterapico, nel 50% dei casi evitare la caduta dei capelli.

Il primo team ha selezionato, in modo casuale, 182 donne con cancro al seno, sottoposte a chemio, facendo indossare loro un caschetto refrigerante (4°C), 30 minuti prima e mantenuto per 90 minuti al termine dell’infusione della terapia.

Questo ripetuto per i 4 cicli di terapia. Il secondo team, quello di Hope Rug, ha effettuato uno studio simile su 142 pazienti. La procedura è stata simile. In entrambi i casi, il risultato è stato lo stesso: una paziente su due ha evitato la perdita dei capelli.

Perché la chemioterapia fa perdere i capelli?

Per distruggere le cellule tumorali è necessario usare farmaci che interferiscono con i meccanismi della replicazione cellulare.

Almeno per i farmaci antiblastici e citotossici tradizionali. Ma a replicarsi continuamente non sono solo le cellule tumorali ma anche cellule sane dell’organismo come i follicoli dei peli e dei capelli.

In seguito ad un trattamento chemioterapico, nel giro di poche settimane, i capelli iniziano a cadere. Uno si accorge vedendo ciocche di capelli sulla spazzola o nel pettine ma anche sul cuscino, al risveglio la mattina. La caduta può essere parziale o totale, associato ad un fastidio dovuto ad uno stato infiammatorio del cuoio capelluto. Per lo stesso principio, a cadere possono essere anche sopracciglia, ciglia, peli pubici e di altre zone del corpo.

Terminata la terapia, nel giro di pochi mesi i capelli ricrescono.

Inizialmente sono più sottili, a volte possono essere di forma e colore leggermente differenti dalla capigliatura normale. Ma non si rimane calvi. Ritornando agli studi pubblicati su JAMA, la refrigerazione del cuoio capelluto probabilmente limita il flusso di sangue che arriva ai follicoli, limitando anche la concentrazione di farmaco presente in circolo. In questo modo, nei casi che funziona, si elimina questo problema transitorio, con limitati effetti collaterali come cefalea e mal di testa. Tuttavia, è immaginabile che nei prossimi anni i nuovi farmaci, che agiranno con meccanismi più specifici, mirando a colpire solo le cellule tumorali, potranno scongiurare questo problema.