Il mesotelioma pleurico maligno è la forma più comune di mesotelioma. È associato all’inalazione di fibre di amianto anche se i ricercatori ritengono ci sia una componente genetica nel favorire questo tumore perché solo alcuni soggetti esposti all’amianto sono poi colpiti da mesotelioma. Ad oggi sono poche le opzioni terapeutiche disponibili. Un inibitore di PD-1 ha mostrato effetti positivi in uno studio di fase clinica 2.

Una risposta positiva nel 50% dei casi

Il mesotelioma pleurico maligno è un tumore molto aggressivo, generalmente mortale, che interessa le cellule che rivestono pleura, peritoneo e pericardio.

Il principale fattore di rischio è l’esposizione all’amianto. Proprio per questo, a partire dal 1992, in Italia, estrazione, commercializzazione e uso di prodotti a base di amianto sono banditi. Il problema è che esiste un periodo di latenza tra l’esposizione all’amianto e l’insorgenza alla malattia, che va da un minimo di 10 anni, ma può arrivare a 50 anni.

I dati del registro tumori dicono che nel 2016 in Italia, il mesotelioma ha colpito circa 3 casi ogni 100 mila maschi e poco più di un caso ogni 100 femmine. Fortunatamente i casi sono in forte riduzione grazie al bando del 1992. Ma le soluzioni terapeutiche rimangono ancora molto limitate.

Ad oggi, a parte l’intervento chirurgico, nel mesotelioma pleurico maligno non ci sono opzioni terapeutiche efficacie.

Gli inibitori PD-1 rappresentano l’ultima frontiera. In uno studio di fase 2, nei pazienti con mesotelioma pleurico maligno, il trattamento con nivolumab è risultato poco tossico e in grado di bloccare la malattia per almeno un anno. Lo studio è stato condotto presso il Netherlands Cancer Institute di Amsterdam.

In questo contesto, su 38 pazienti (età media 66 anni, tra 51 e 81 anni) affetti da mesotelioma pleurico maligno, gli oncologi hanno voluto testare nivolumab, somministrato 3 mg/kg, ogni due settimane.

L’endpoint primario dello studio era un tasso di controllo della malattia, del 20 al 40%, dopo 12 settimane. I risultati sono stati positivi nel 50% dei casi, con malattia stabile o risposta parziale in 17 pazienti.

Gli anti-PD-1/PD-L1

Il nostro sistema immunitario ogni giorno ci difende dalla crescita di cellule tumorali ma uno dei motivi per cui il tumore si sviluppa è proprio dovuto ad una forma di silenziamento del sistema immunitario.

In questo equilibrio entrano in gioco due proteine, PD-1 (proteina della morte programmata 1), che impedisce al sistema immunitario di andare fuori controllo, e un suo ligando, PD-L1, che si lega e regola PD-1.

Il blocco di PD-1 e del suo ligando (PD-L1) rappresentano una nuova opzione terapeutica contro diversi tumori avanzati come il mesotelioma. Nivolumab (Opdivo), sviluppato dalla Bristol-Myers Squibb, non è l’unico anticorpo anti-PD-1/PD-L1 studiato nel mesotelioma. Su 25 pazienti adulti, è stato valutato anche il pembrolizumab (Keytruda), sviluppato dalla Merck, con una risposta complessiva del 20%. Nel 60,9% dei pazienti si è osservata una dimensione del tumore.

Un altro anti-PD-1 è avelumab, valutato su 53 pazienti con mesotelioma, con risposte nel 56,6% dei pazienti con stabilizzazione della malattia o risposte parziali.

Un altro anticorpo monoclonale anti-PD-L1, l’atezolizumab (Tecentriq) della Genentech è stato approvato dall’FDA a fine ottobre 2016, per il trattamento delle forme più gravi di NSCLC, una forma di tumore al polmone non a piccole cellule.