Torniamo ad intervistare Jessica Combi, Psicologa e fondatrice della Pagina Facebook “Psicologia e psicoanalisi da Freud ad oggi”, per commentare un recente fatto di cronaca circolato sui media: parliamo dell’ultima lettera scritta dalla 15enne Pippa “Pip” McManus.

Dott.ssa Combi, potrebbe raccontarci brevemente quali sono gli eventi che hanno caratterizzato questa vicenda?

Pippa McManus era una ragazza che stava combattendo la sua battaglia contro l’anoressia nervosa dall’età di 12 anni. La ragazzina nonostante le cure intraprese non è, però, riuscita a vedere una via d’uscita e, a seguito di un litigio avvenuto in famiglia sull’eccessivo esercizio fisico, si è tolta la vita.

In una delle lettere d’addio scritte a chi aveva di più caro si legge: "io voglio crescere e avere una vita, ma, al momento, una vita non ce l'ho. Non posso sconfiggere l'anoressia, perché ha già vinto". Tali avvenimenti ritengo ci portino a riflettere sull’entità della patologia e di quanto sia delicato il suo trattamento. E’ sicuramente necessario intervenire in primis sull’emergenza data dal forte calo ponderale che potrebbe mettere la persona a rischio vita, tenendo, però, sempre presente che l’alimentazione è la punta dell’iceberg di un malessere più radicato ed è proprio su questo che si dovrà lavorare nel percorso terapeutico.

Spesso dietro a storie come queste vi sono abitudini alimentari sane che si trasformano in comportamenti nocivi, come nel caso dell’ortoressia e della vigoressia. Potrebbe aiutarci a comprendere meglio il fenomeno?

Chi di noi non ha mai seguito una dieta o si è iscritto in palestra? La persona con un disturbo alimentare non si limita, però, al raggiungimento del peso o della forma fisica desiderata.

Il dimagrire è, ad esempio per l’ anoressica, inebriante e strettamente collegato al senso di autostima, spesso molto carente in questi soggetti. Nell’ortoressia l’attenzione non si focalizza sulla perdita di peso, ma su una dieta il più possibile sana. Come si può immaginare tali condotte potrebbero essere ritenute salutari se non diventassero così rigide da escludere tutto ciò che non è ritenuto “sano”, trasformandosi in un’ossessione.

Può, altresì, capitare che un’ortoressia si trasformi in un’anoressia. Quando è invece il fitness a diventare ossessione parliamo di vigoressia o anoressia inversa, che consiste proprio nel cercare incessantemente l’aumento del volume muscolare del proprio corpo. Se l’anoressia e la bulimia hanno una prevalenza femminile, questi ultimi due disturbi sono più diffusi nel sesso maschile.

Infine, per quanto concerne il problema più ampio dei disturbi alimentari, quali sono le informazioni chiave da conoscere riguardo la prevenzione ed il precoce riconoscimento delle situazioni di disagio?

I disturbi alimentari sono un argomento molto delicato ed esteso per dare una risposta esaustiva in questa sede.

Il loro esordio è sempre più precoce, ma si contano anche casi ad esordio tardivo, aumentando ulteriormente la diffusione degli stessi. Fare informazione sui disturbi alimentari è importante, ma non sufficiente; infatti, soggetti a rischio potrebbero sviluppare condotte di emulazione ottenendo così un effetto controproducente. Un aspetto fondamentale è che l’attenzione esasperata al cibo e al fisico, che diventa esaltato, nasconde spesso un’incapacità a prestare attenzione e capire le proprie emozioni e questo è, a mio avviso, un punto su cui un intervento preventivo dovrebbe focalizzarsi. Lavorare sui fattori che ad oggi sono ritenuti di rischio aumentando, ad esempio, il senso di autostima di queste persone, diminuendo la ricerca del perfezionismo e sviluppando un pensiero critico rispetto alle influenze sociali, saranno alcuni degli aspetti da considerare.

Sarebbe, inoltre, molto utile diffondere informazioni al fine di aiutare le persone a riconoscere nelle fasi iniziali tali problemi, magari con interventi mirati in luoghi quali scuole, palestre e scuole di danza. L’argomento è molto ampio e spero potremo approfondirlo ulteriormente nella prossima intervista.