La ‘sindrome dell’armadillo’ è un modello murino creato in laboratorio, ‘cancellando’ dal DNA degli animali l’espressione di un gene, l'ARMC5 (‘Armadillo repeat containing 5’), un gene che codifica per una proteina citosolica senza attività enzimatica. Questa “malattia artificiale” potrà aiutare i ricercatori a comprendere i meccanismi alla base di una serie di patologie reali, come la sindrome di Cushing detta anche iperplasia macronodulare dei surreni, una malattia molto rara caratterizzata da una mutazione del gene ARMC5.

Uno studio, durato 10 anni, per studiare il genoma del topo

Per 10 anni un team di ricercatori canadesi, ha studiato i 30mila geni del genoma del topo. L’obiettivo era individuare i geni che si attivano durante una risposta immunitaria. Sono stati così selezionati una trentina di geni che, dopo una inattivazione mirata del gene ARMC5 mediante la tecnica del ‘knock-out’ – la metà degli animali moriva già in una fase embrionale mentre quelli che sopravvivevano avevano un grave deficit immunitario ed erano molto vulnerabili alle infezioni.

Lo studio ha evidenziato che l’RNA messaggero (mRNA) che codifica per ARMC5, una proteina senza attività enzimatica, è altamente espressa nel timo e nelle ghiandole surrenali.

La sua inattivazione, oltre a quanto detto sopra, nell’età adulta degli animali si osservava una iperplasia delle ghiandole surrenali con innalzamento dei livelli di cortisone ematico. Condizioni analoghe a quanto osservato nei pazienti affetti dalla sindrome di Cushing.

I risultati di questo studio sono stati pubblicati su Nature Communications, primi autori Y.

Hu e L. Lao, dell’Università di Montreal. Questa ricerca, con modelli animali con la “sindrome dell’armadillo”, potrà essere utile a studiare quello che succede nei pazienti affetti da sindrome di Cushing, o dell’iperplasia macronodulare bilaterale dei reni, i cui sintomi sono analoghi a quelli osservati nei questo modello animale.

Conoscere i meccanismi alla base di questa patologia, come l’identificazione delle molecole che interagiscono con il gene ARMC5, potrebbe aiutare ad individuare una terapia farmacologica efficace.

Sindrome di Cushing o iperplasia macronodulare bilaterale dei reni

Si tratta di una patologia rara che colpisce una persona su un milione, ha una componente ereditaria ed è prevalentemente a carico delle ghiandole surrenali.

E proprio a questo livello che i pazienti sviluppano dei tumori benigni, di oltre 1 cm di diametro, oltre che un'ipersecrezione di ormoni glucocorticoidi, di cui il più importante è il cortisolo. Le conseguenze sono obesità, ipertensione, diabete, depressione e problemi cardiovascolari.

Qualche anno fa i medici hanno osservato che alcuni pazienti affetti dalla sindrome di Cushing erano portatori di una mutazione del gene ARMC5. Oggi sappiamo che una percentuale che oscilla tra il 25 e il 50% dei pazienti è portatore di questa mutazione. Visto la componente ereditaria della malattia, una ricerca tra i membri della stessa famiglia di questa mutazione potrebbe portare una diagnosi precoce della malattia.

Non ci sono farmaci contro la sindrome di Cushing, i pazienti vengono sottoposti ad asportazione chirurgica dei tumori surrenalici o dei surreni in toto, costringendo questi pazienti a seguire, a vita, una terapia sostitutiva con idrocortisone.