Per il trattamento dell’artrite reumatoide, sono disponibili diversi farmaci. Quello appena approvato, sarilumab, agisce con un meccanismo differente, andandosi a legare selettivamente ai recettori dell'interleuchina-6 (IL-6R), bloccandone i segnali intracellulari. Somministrato sottocute, può essere usato in monoterapia o associato ad altri farmaci antireumatici. Proprio questi giorni, su Drug Design, Development and Therapy (DovePress), ricercatori dell’Università di Milano e dell’Istituto Gaetano Pini hanno pubblicato una recensione su questo farmaco.

Prima autrice Maria Gabriella Raimondo.

L’armamentario farmacologico contro l’artrite reumatoide

Le scelte terapeutiche per una malattia cronica, autoimmune, come è l’artrite reumatoide, mirano a bloccare la condizione di peggioramento e il dolore alle articolazioni. I farmaci comunemente usati sono antiinfiammatori (FANS, COXIB), cortisoni e, più recentemente, farmaci biologici (anticorpi). Esiste anche una categoria di farmaci, ad azione immunomodulante (es. clorochina), immunosoppressiva (es. ciclosporina), o interferente la sintesi del DNA e delle proteine (es. methotrexate), che va sotto il nome di DMARDs (dall’inglese Disease-Modifying Anti-Rheumatic Drugs), ad indicare prodotti in grado di aggredire subito la malattia bloccandola o, quantomeno, rallentandone il peggioramento, attraverso un’azione sul sistema immunitario.

La scoperta del ruolo dell’interleuchina 6 (IL-6), nella patogenesi dell’artrite reumatoide, ha permesso negli ultimi anni lo sviluppo di diversi farmaci, cosiddetti biologici. Il primo anticorpo monoclonale anti-IL-6 approvato è stato tocilizumab. A questo sono seguiti altri, sempre ad azione diretta sulla citochina IL-6 (sirukumab, olokizumab, and clazakizumab).

Sarilumab è il capostipite di una nuova generazione di anticorpi, il cui meccanismo è diretto a bloccare il recettore dell’IL-6. Negli studi clinici, confrontato all’anticorpo anti-TNF-alfa adalimumab (Humira), usato nei casi di artrite reumatoide refrattari alle comuni terapie, Sarilumab è risultato molto più efficace, con un effetto protratto nel tempo.

Su Drug Design, Development and Therapy, M.G. Raimondo, M. Biggioggero e C. Crotti, reumatologi dell’università di Milano, insieme ad A. Becciolini e E.G. Favalli dell’Istituto Gaetano Pini, sempre di Milano, hanno pubblicato una esaustiva recensione su sarilumab.

Solo poche settimane fa, in Europa il CHMP, di EMA, aveva dato disco verde all’uso di sarilumab (Kevzara), nei pazienti adulti affetti da artrite reumatoide, di grado da moderato a severo, anticipando così il parere della FDA. Quest’approvazione arriva dopo uno studio clinico di Fase 3, su più di 3.300 pazienti adulti, dove il farmaco è stato somministrato sottocute, ogni due settimane, ai dosaggi di 150-200mg.

Una malattia autoimmune

L’artrite reumatoide è una malattia cronica autoimmune che colpisce le articolazioni, con un quadro sintomatologico tipico come rigonfiamento, edema, dolore, rigidità, calore. Sintomi che peggiorano restando a riposo. Ad essere maggiormente colpiti sono i polsi e le mani arrivando ad una disabilità nell’80% dei casi, con una sopravvivenza ridotta di alcuni anni. Nel mondo si stima siano oltre 23 milioni le persone che soffrono di artrite reumatoide. Nei paesi industrializzati, l’incidenza è dello 0,5-1%; in Italia si stima ci siano circa 250-300 mila pazienti. Insorge nelle persone adulte, di mezza età (55 anni), anche se è possibile trovare dei casi tra i giovani o in età avanzata.

Le donne sono colpite in misura superiore rispetto agli uomini (3-4: 1).

A luglio dello scorso anno, a quasi 63 anni, ci lasciava Anna Marchesini, la popolare e bravissima artista colpita da artrite reumatoide. Nonostante la malattia, fino alla fine l'artista non aveva voluto sottrarsi al suo pubblico. Questo caso aveva attirato l’attenzione dell’opinione pubblica su una malattia che, ancora oggi, in una percentuale elevata di pazienti (70%) non riesce ad essere controllata con le terapie standard.

La ricerca va avanti e nuovi farmaci vengono approvati. Oltre a sarilumab, pochi mesi fa in Europa è stato approvato baricitinib, una piccola molecola e primo inibitore degli enzimi Janus chinasi (JAK 1 e JAK 2).

A febbraio, su New England Journal of Medicine, in un articolo sullo studio BEAM, su 1.300 pazienti, si evidenziava come baricitinib aveva risposto positivamente dopo 12 settimane di trattamento, ma i primi effetti si osservavano già dopo la prima settimana. Parliamo di pazienti che non rispondevano ad altre terapie.