Recentemente abbiamo riportato la notizia dell’approvazione, da parte dell’FDA, di valbenazine (Ingrezza), il primo farmaco per il trattamento della discinesia tardiva, una patologia solitamente di origine iatrogena, dovuto ai farmaci che sensibilizzano i recettori D2 (recettori dopaminergici). Valbenazine agisce inibendo il trasporto vescicolare della monoamina 2 (VMAT2), una proteina cerebrale che modula i livelli sinaptici di dopamina, noradrenalina, serotonina e istamina. Sullo stesso target biologico opera una seconda molecola, la tetrabenazina, farmaco già registrato per il trattamento dei disordini del movimento associati a Corea di Huntington (malattia di Huntington).

Questa molecola viene rapidamente metabolizzata per questo richiede continue somministrazione. Un suo derivato deuterato sembra essere molto più resistente al metabolismo e potrebbe essere approvato proprio nella discinesia tardiva. I risultati clinici su efficacia e sicurezza sono positivi.

A volte basta un deuterio

Uno dei meccanismi che il nostro organismo utilizza per sbarazzarsi di una sostanza estranea, come può essere un farmaco, è metabolizzarlo in metaboliti più idrosolubili e quindi più facilmente eliminabili. Da una parte questo è un bene perché evita l’accumulo di sostanze tossiche, dall’altra – come nel caso di alcuni farmaci – la rapida eliminazione costringe a continue somministrazioni che, oltre al disagio porta a maggiore effetti secondari.

Ma può bastare sostituire un atomo di idrogeno con un deuterio per rendere la molecola molto più resistente al metabolismo con il vantaggio di avere un effetto terapeutico prolungato. E’ quello che è successo con la tetrabenazina, un farmaco impiegato per il controllo dei disordini del movimento associati a Corea di Huntington.

Tuttavia questo farmaco viene rapidamente metabolizzato ed eliminato, costringendo i pazienti a frequenti somministrazioni, con una fluttuazione dei livelli plasmatici di farmaco, rendendolo poco tollerato.

La tetrabenazina è un inibitore di VMAT2 (trasporto vescicolare della monoamina 2), una proteina che modula i livelli sinaptici di dopamina, noradrenalina, serotonina e istamina.

Poter disporre di una versione metabolicamente più stabile sarebbe utile anche nella discinesia tardiva. E’ quanto è stato fatto preparando un suo derivato deuterato, la deutetrabenazina.

Lo studio clinico

La discinesia tardiva è un disturbo neurologico di origine iatrogeno, conseguente all'esposizione a farmaci antagonisti del recettore della dopamina, inclusi gli antipsicotici tipici e atipici, gli antiemetici e la metoclopramide. Dal punto di vista fisiopatologico, una possibile ipotesi è associabile ad una iper-attivazione dei recettori dopaminergici D2. Infatti, dal 20 al 50% dei pazienti che prendono antipsicotici sviluppano discinesia tardiva. Il disturbo è caratterizzato da movimenti involontari e ripetitivi del viso - smorfie, movimento delle labbra, protrusione della lingua - e, in alcuni soggetti, anche degli arti o delle vie respiratorie.

In uno studio multicentrico, randomizzato, a doppio cieco, denominato ARM-TD (Aim to Reduce Movements in Tardive Dyskinesia) i ricercatori hanno valutato efficacia, sicurezza e tollerabilità della deutetrabenazina, in 117 pazienti affetti da discinesia tardiva moderata o grave. Dopo 12 settimane di trattamenti, la sintomatologia complessiva dei pazienti è migliorata significativamente, in assenza di particolare effetti collaterali. Da precisare che praticamente tutti i pazienti arruolati in questo studio soffrivano di una comorbilità psichiatrica per cui dovevano prendere altri farmaci. E in questo contesto, la deutetrabenazina è risultata ben tollerata e compatibile con l’associazione ad altre terapie.

I risultati sono stati pubblicati da Hubert H. Fernandez e collaboratori, del Centro di Recupero Clinico della Cleveland Clinic (Ohio, USA) sulla rivista Neurology di aprile.