Da diverso tempo il caffè non gode di un’ottima reputazione, sembra infatti una bevanda da centellinare ed assumere con molta parsimonia. Ebbene, eccedere non è mai un atteggiamento virtuoso, ma in questo caso tre tazzine al dì, decaffeinato o “al naturale” che sia, garantiscono una maggior longevità per i benefici apportati soprattutto al fegato ed al sistema cardiocircolatorio. Dopo la recente scoperta della sua efficacia nel contrastare la disfunzione erettile, ecco la novità.

Lo studio di IARC e Imperial College

Oltre un milione e mezzo di soggetti osservati per un periodo di 16 anni, in dieci differenti paesi tra i quali rientra anche l’Italia: questi sono i dati della ricerca svolta dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) in simbiosi con l’Imperial College di Londra e pubblicati sulla rivista Annals of Internal Medicine.

La rilevazione dei dati non ha posto differenze tra il tipo di caffè, la presenza o meno di caffeina o la modalità di preparazione, ma ha registrato tutti i casi di decessi e le cause relative.

Il caffè ti allunga la vita

Dallo studio, è emerso che l’abitudine a bere caffè sia associabile ad un basso rischio di morte (ciò dipende dallo storico clinico del soggetto) e che i benefici apportati all’organismo siano multipli grazie alle numerose molecole (tra le quali gli antiossidanti, noti per l’azione anti-invecchiamento delle cellule), vitamine e sali minerali. Tre tazzine nell’arco della giornata, è risultato esser il quantitativo ottimale per un beneficio completo ed un aiuto all’allungamento della prospettiva di vita.

La storia del caffè

Conosciuto nei tempi passati, come il "vino d’Arabia", la sua origine non ha conferme e molte sono le teorie e le novelle in proposito che dovrebbero destar la curiosità dei più affiliati, vista la loro particolarità. Tanto amato dalle alte classi per la sua capacità di accompagnare i dialoghi nei salotti sino a tarda notte, e da quelle più povere per placare la fame, il caffè ha visto luce ed oblio anche nella Chiesa, difeso da Papa Clemente VIII, che si rifiutò di proibirlo sebbene conosciuto come “la bevanda del diavolo” per le proprietà eccitanti.

Sinteticamente, pare che le prime piante dell’arbusto "coffee arabica”, furono scoperte in Etiopia, nella città di Caffa, dalla quale avrebbe poi preso il nome, come spiega Giovanni Spadola, presidente e fondatore dell’azienda storica Moak di Modica (Ragusa). Da qui, intraprese un lungo viaggio, passando per lo Yemen con le campagne militari, percorrendo poi la costa orientale del Mar Rosso sino a Mecca e Medina (Arabia) dove, già verso fine ‘400, erano presenti luoghi di ritrovo ove consumare la calda bevanda ed approdò nel Cairo (Egitto).

In Europa giunse intorno al 1600, prima venduto in chicchi a carissimo prezzo come medicamento, ed un secolo più tardi sbarcò in America fra le mani dell’ex ufficiale di marina Gabriel Mathieu de Clieu.