Una delle questioni più dibattute degli ultimi anni è legata all'aumento dell'incidenza dei disordini dello spettro autistico (ASD). Quest'ampio range di disturbi si manifesta nei primi anni di vita dei bambini, con sfumature e dinamiche variabili da soggetto a soggetto, accomunati da un diverso approccio nella percezione della realtà, con conseguente condizionamento del comportamento e delle abilità comunicative.

Ad oggi, pur non avendo ancora individuato un approccio terapeutico adeguato e definitivo, è aumentata la sensibilità sociale nei confronti del problema grazie a numerosissime iniziative (importantissimo il lavoro portato avanti sin dal 2005 dall'associazione "I bambini delle fate"); tuttavia, la "bolla di sapone" in cui i bambini autistici vivono non è solo un impedimento per il loro contatto con la realtà, ma anche uno schermo impenetrabile per le persone a loro vicine, in particolare i genitori, che si fanno "care-givers", interpreti e mediatori sociali dei loro bisogni e dei loro tentativi di comunicazione, investendo tempo, risorse e cuore per assicurare il meglio a questi ragazzi.

Ciascun soggetto affetto da autismo ha un personale dizionario fatto di gesti schematici, figure standard e richiami precisi, la cui grammatica è accessibile per lo più al care-giver, che costruisce le sue competenze in merito spinto dall'amore per il proprio figlio/famigliare (anche perché, a dirla tutta, permettersi la presenza costante di un'educatore competente è un ausilio associabile ad un bene di lusso). Questo impegno assorbe totalmente la vita del genitore/care-giver, ma...

Quanto incide il bene del soggetto con ASD sulla salute di chi gli sta accanto?

Uno studio appena pubblicato sul Journal for Specialists in Pediatric Nursing ha analizzato la salute globale e lo stato nutrizionale di care-givers di bambini ASD, rispetto a care-givers di bambini con un normale sviluppo (TDC).

Alcune indagini sono state condotte per esaminare i livelli di stress dei due gruppi, da cui è emerso che il 56% dei componenti del gruppo ASD ne soffre a livello clinicamente significativo, soprattutto a causa della sfida di dover combattere pregiudizi ed isolamento di cui, spesso, i bambini ASD sono oggetto.

Pur non avendo registrato differenze significative nell'indice di massa corporea (BMI) e nel consumo di alimenti raccomandati tra i due gruppi presi in esame, risulta esserci un maggior consumo di "calorie vuote" (grassi saturi, alcol, zuccheri semplici aggiunti) nel gruppo ASD rispetto al gruppo TDC, con una carenza assunzione alimentare di vitamina C (potente antiossidante e modulatore del sistema immunitario) al limite della significatività nei primi, rispetto ai secondi, evidenziando un'inappropriato approccio al mantenimento di una buona qualità nutrizionale della dieta ASD.

Questi dati sono stati raccolti sottoponendo ai care-givers un questionario di adeguatezza nutrizionale, chiamato HEI-2010, che valuta i livelli di aderenza ad una sana alimentazione nella popolazione USA.

Questo studio mette in evidenza come, oltre all'attenzione dovuta al soggetto affetto, una particolare delicatezza sociale e sanitaria va riservata a chi si impegna quotidianamente nell'assistenza e nell'interpretazione del linguaggio dei ragazzi ASD, il che rende necessario un supporto nelle scelte nutrizionali (che, come ormai risaputo, possono modulare l'esito di eventi stressogeni) e nella gestione del rapporto con l'autismo.