Che fosse bella lo si sapeva già. Uno sguardo pulito ma al tempo stesso malizioso capace di far girare la testa a uno stuolo di fan, già innamorati di lei prima ancora che all'avvenenza si unissero quei risultati che, ad un certo punto, sembravano non arrivare più.

Perché per Tina Maze, fresco oro olimpico nella discesa libera di Sochi, il binomio "bella e brava" è stato lungo da conquistare, tanto che ad un certo punto sembrava quasi destinata ad essere "soltanto" una delle tante pin up che popolano il Circo bianco, bravissime sciatrici ma senza quel qualcosa in più che permetta loro il grande salto nella ristretta cerchia dei campioni.

La carriera della bella slovena è infatti proseguita a piccoli passi dopo un esordio da record in Coppa del Mondo, all'età di soli quindici anni, nel 1999.

Qualche podio e qualche vittoria ma senza particolare costanza di risultati, tanto che per ritrovarla sul gradino più alto del podio si dovette attendere il 2008, con una vittoria rocambolesca nella discesa di Sankt Moritz dove partita con il pettorale 46 tagliò il traguardo per prima quando già scorrevano i titoli di coda. Molti pensarono alla fortuna, in una gara fortemente condizionata dalla visibilità. Ma la fortuna aiuta gli audaci, e in quello che poteva sembrare un risultato occasionale e irripetibile, si nascondeva invece la grinta di una campionessa che stava per sbocciare.

Da lì in poi infatti sono arrivate le vittorie ottenute con continuità, gli argenti alle Olimpiadi di Vancouver 2010, il primo trionfo ai mondiali di Garmisch l'anno successivo e l'inizio di una carriera da polivalente in grado di eccellere in tutte le discipline che l'ha portata, lo scorso anno, ad aggiudicarsi la Coppa del Mondo dei record: maggior punteggio mai ottenuto, massimo vantaggio sulla seconda classificata, podio o vittoria in tutte le "Coppette" e, con il primo posto nello speciale di Ofterschwang, il diritto ad entrare di prepotenza nel ristretto novero di campionesse in grado di vincere in ogni specialità.

Il tutto intermezzato da un carattere niente male, con la malcelata rivalità con l'altro fenomeno Lindsay Vonn, e con qualche risposta pepata a giornalisti e addetti ai lavori, come quando, dopo una vittoria in discesa su cui pesava l'ombra dell'utilizzo di una speciale "protesi" nascosta sotto la tuta per aumentare la velocità (in realtà era solo un paraschiena perfettamente in regola) si presentò sul podio lasciando intravvedere maliziosamente il reggiseno con la scritta "non sono affari tuoi".

A completare la bella favola, mancava solo l'oro olimpico, giunto in una stagione iniziata in salita: nessuna vittoria fino allo scorso gennaio, problemi di allenamento, la decisione coraggiosa di cambiare tutto in corsa affidandosi alla guida dell'esperto Mauro Pini.

Arrivata a Sochi, e ancor più caricata dalla delusione dell'esordio olimpico in supercombinata con un quarto posto davvero amaro, la bella Tina si è buttata nella gara discesa libera con la grinta dei giorni in cui ci si scopre imbattibili, riuscendo ad agguantare quell'oro che le mancava a pari merito (altro record insolito nello sci olimpico) con l'elvetica Dominique Gisin, altro talento rinato da una marea di infortuni.

Adesso Tina è davvero grande, brava e non solo bella. Ha vinto davvero tutto, potrebbe ritirarsi da vincente o andare avanti a inseguire nuove vittorie.

Cosa farà non è dato sapere. Del resto, come diceva il suo reggiseno, non sono affari nostri.