Lo scorso sabato abbiamo assistito ad un'altra farsa, quella messa in scena in Germania tra il pluripremiato gigante ucraino Wladimir Klitschko e lo sfidante bulgaro Kubrat Pulev. L'analisi che ne abbiamo tratto è impietosa e non è certo ora che la rileviamo: la categoria dei pesi massimi è morta. Il necrologio ci viene spontaneo guardando questi due pachidermi abbracciarsi goffamente sul ring e darsi pugni dietro la nuca (non corretti) e spintoni come fossero lottatori di sumo. L'esame autoptico farfuglia sui motivi di questo decesso, ma possiamo scagionare il campione Wladimir.

Il gigante ucraino ci appare incolpevole, distrugge gli avversari a proprio piacimento, stavolta sfoderando addirittura un improbabile ed inedito gancio sinistro, colpa della guardia impresentabile del suo avversario. Klitschko vince con una facilità disarmante. La potenza dei suoi colpi gli permettono di atterrare l'avversario appena decide di affondare seriamente e l'impressione avuta sabato è che il campione non ha voluto chiudere nel primo round (dove Pulev veniva atterrato due volte) proprio per dare un po' di spettacolo al pubblico. Alla fine il ko è arrivato quattro riprese dopo, in quella quinta ripresa che ha dato la fucilata finale in testa ad un agonizzante boxe che nel tempo aveva assunto i connotati dello stesso Pulev.

La sfortuna di Klitschko (o forse fortuna, non lo sapremo mai) è quella di dominare in un'era senza rivali, dove i grandi pesi massimi statunitensi di colore del passato si sono defilati, preferendo la scalata al successo sportivo in altri ambiti meno pericolosi e forse anche più remunerativi come basket e Nfl. Ma come fare per capire la reale qualità di un campione come Klitschko?

L'unico modo possibile è confrontandolo con le vecchie glorie del passato. Certo, molti storceranno il naso, molti diranno che i paragoni con altre epoche sono futili, ma è anche vero che la boxe è forse lo sport che nel tempo è stato più simile a se stesso e meno avvezzo ai cambiamenti. Non occorre andare tanto indietro, non occorre scomodare i mostri degli anni 60/70 come Liston, Ali, Holmes, Frazier.

Basta spostarsi di pochi anni ed arrivare a Lennox Lewis, fuoriclasse britannico che certo non faceva della velocità di gambe la sua qualità principe, ma è innegabile che tra i due c'è un abisso. Oppure, cambiamo genere e proviamo ad immaginare il primo Tyson contro Klitschko. Secondo voi l'ucraino riuscirebbe a centrarlo nonostante tutti i suoi movimenti di busto e sarebbe in grado di non farlo entrare nella guardia dal basso? E contro un guerriero come Holyfield, cosa farebbe questo Klitschko?

Chi può salvare i pesi massimi? Al momento questa domanda pare non abbia una risposta. C'è chi spera in un salto di categoria di qualche cruiser, ma a nostro avviso o si nasce peso massimo oppure si stenta a diventarlo, e Holyfield è davvero una delle pochissime eccezioni del caso.

C'è invece chi ipotizza una sfida col connazionale Uzyk, ancora però poco protagonista nel professionismo. Più sensati invece appaiono le ipotesi Wilder e Joshua. Il primo è un gigante nero americano, 32 ko in 32 vittorie. Gli avversari però finora affrontati sono stati dei brocchi improponibili. Più interessante invece il britannico, già campione olimpico a Londra. Joshua però al momento ha poco meno di 10 incontri tra i professionisti e crediamo ce ne voglia ancora un bel po' prima di presentarsi al cospetto di Wladimir. Il talento però è innegabile. Intanto, in attesa di uno sfidante degno di nota, l'ucraino tra no molti mesi si preparerà a riunificare il titolo contro Stiverne (campione Wbc) e probabilmente darà poi vita ad un'altra farsa contro l'ultra quarantenne Shannon Briggs che da tempo lo punzecchia.