La bilancia è ancora lungi dall'appendersi da un lato ma l'attenzione sulle due ruote della Moto GP è tutta dalla parte di Valentino Rossi dopo il secondo exploit della stagione sul circuito di Rio Hondo. Qatar, Usa e Argentina parlano di un'Italia che parte a razzo sulla rampa di lancio della classe regina. E fortuna che si correva ad Austin e non a Cape Canaveral, con tutto il golfo del Messico di mezzo a stemperare eventuali false partenze. La tenuta mentale del Dottore non si scompone nemmeno di fronte alla freschezza atletica del suo principale antagonista, che in tenera età lo venerava e adesso gli cade dietro nell'affannosa voglia di ricambiargli un sorpasso e la cortesia (la foto di Marc Marquez con Valentino Rossi ed il modellino di auto autografato nel 2008 ha fatto il giro del mondo).

Quel tempo non è ancora venuto e sembra sospeso sul filo dell'accelerazione della fama che il marchigiano continua a mantenere ben salda nel cuore rombante dei suoi fans.

Variante sul tema 

Nell'attenzione cresciuta a dismisura negli ultimi decenni per le due ruote italiane, anche prima dell'istituzione della Moto GP, c'è qualcuno che vorrebbe scambiarlo con il santo protettore di Tavullia. Quel Valentino Rossi che santo (ancora) non è ma benedice a tutta (manetta) la passione degli italiani per pieghe, accelerazioni, staccate, entrate di traverso in curva e sportellate sul filo del traguardo; 'primus inter pares' il cupido Guido Meda che scocca dardi innamorati ai telespettatori col suo ritornello preferito ('Valentino c'è) e continue frecciate, a colpi di velati 'mannaggia mannaggia', ai suoi antagonisti che ne corteggiano la scia da quando corre.

Gli avversari da curare.

Il Dottore dispensa rincorse come se prescrivesse certificati. La caccia ai compagni d'avventura è partita. Dopo lo smarrimento iniziale del malandato Pedrosa e del desaparecido Lorenzo, sembra essersi impennata una corsa a tre con il bi-campione Marc Marquez e la Ducati ritrovata (Dovizioso, secondo e statico fenomeno, e Iannone, degna e dinamica alternativa).

E' bene ricordare il talento del baby spagnolo. Oltre ad essere il più giovane vincitore di un gran Premio della classe regina (a 20 anni e 63 giorni ha detronizzato nella speciale classifica il Freddie Spencer del 1982) ed il più giovane campione del mondo ( a 20 anni e 266 giorni) detiene, tra gli altri, il record di velocità di 350,5 km/h (stabilito a Losail nella prima uscita stagionale in Qatar) e la striscia vincente più lunga (10 gare) in coabitazione con Giacomo Agostini nel 1970 e Mick Doohan nel 1997, due mostri sacri cristallizzati su ogni giro di pista.

Lo spettacolo delle generazioni di fenomeni a confronto è il piatto più appetitoso dello sport e la sana competizione, anche a livelli d'eccezione, è una dieta da rincorrere per non appiattire l'attenzione sull'uno contro tutti regalatoci nell'ultimo biennio da Marquez, pronto a regolare puntualmente i suoi avversari.

Che non ci stanno più tanto a fare da sparring partners e si apprestano al regolamento di tutti i conti ed a firmare ancora molti autografi ad orde di ragazzini adoranti.