Martin Castrogiovanni, non uno qualunque, ma nazionale di rugby racconta la sua odissea. Classe ottantadue, Castrogiovanni ha disputato 119 partite con la nazionale italiana di rugby. Ha da sempre avuto il sogno di essere rugbista, e c'è riuscito. Il campione si confessa in un programma televisivo, e dice adesso di avere una nuova vita. Argentino di origine ma naturalizzato italiano, è stato pilone della nazionale per ben tredici anni dal 2002 al 2015. Ma poi è arrivato il fulmine a ciel sereno, che nessuno si aspettava, tantomeno un fisico statuario come quello di Castrogiovanni.

Mondiali in Inghilterra, dolori lancinanti alla schiena, e un rugbista pensa fra se e se: sono le innumerevoli botte prese nel campo da gioco. Ma in realtà, si scoprirà dopo, quei dolori erano tutt'altro. Controllo in Ospedale, risonanza e diagnosi: tumore.

Scende il buio nella testa di Castrogiovanni, almeno all'inizio. Poi però, la reazione più forte del male che aveva. Inizialmente i medici gli avevano diagnosticato un tumore maligno, tempo di vita sei mesi. Ma per fortuna non è andata proprio così. La diagnosi era sbagliata, il tumore c'era ma per fortuna era benigno. Il tumore era sui nervi della zona lombare della schiena (neurinoma), e per intervenire non c'era bisogno di tagliare i nervi, onde evitare successive conseguenze agli altri arti coinvolti.

Intervento chirurgico, tumore circonciso ed asportato e due mesi dopo di nuovo in campo. Questa è stata la forza di un rugbista come Martin Castrogiovanni. Sembra essere tutta una favola, ma così non è perchè è pura realtà. Una malattia affrontata a viso aperto, con il sorriso, senza avere paura. In ospedale sono stato praticamente solo, per mio volere e non per altro.

Né mia madre, che anziana sarebbe dovuta arrivare dall'Argentina, né mia sorella. La battaglia che dovevo e volevo combattere con quel male cattivo era mia e dovevo vincerla da solo. Ma non è stato facile ed è inutile fare il duro. I pensieri per la testa c'erano, la paura anche, ma sapevo che dovevo vincere. Quella per me sarebbe stata l'ultima partita, si quella con la morte.