Solitamente - e storicamente - i grandi colpi di mercato in NBA avvengono durante la free agency: LeBron James, Kevin Durant, Dwayne Wade sono tutti campioni che in passato hanno scelto la squadra in cui giocare intavolando trattative da svincolati; tutto questo creando - a volte - dei veri e propri terremoti mediatici: come lo scorso anno, quando Durant si accasò ai Golden State Warriors tra mille polemiche, per non parlare della famosa "The Decision" dell'8 luglio 2010, quando Sua Maestà LeBron James annunciò in diretta televisiva il suo approdo ai Miami Heat.

Sembra, però, che stavolta qualcosa sia cambiato.

Non siamo certamente ai livelli mediatici di cui due superstar come Durant e James sono portatori, ma le due trade che hanno coinvolto Chris Paul e Jimmy Butler, certamente meno "appariscenti" a livello di hype ma non meno sontuosi sul parquet, sono di quelle che fanno decisamente rumore; il fatto che siano state portate a termine prima dell'inizio della free agency fa certamente alzare le aspettative di mercato delle altre squadre.

Asse Houston-Minnie

Il play 32enne, ormai ex Clippers, è passato agli Houston Rockets in cambio di ben sette giocatori - tra cui Patrick Beverley, Sam Dekker e Lou Williams - un conguaglio in denaro e una prima scelta non protetta al Draft 2018: arriva così alla corte di Mike D'Antoni un giocatore sublime, considerato da molti addetti ai lavori il miglior playmaker della sua generazione, ma che non è mai riuscito nemmeno ad avvicinarsi a un titolo NBA, nei suoi dodici anni di carriera divisi a metà tra New Orleans e Los Angeles.

Con i texani, il prodotto di Wake Forest formerà un backcourt da sogno con James Harden, protagonista di una stagione fenomenale e in grado di contendere fino all'ultimo lo scettro di MVP della regular season a Russell Westbrook: la sfida ai Golden State Warriors è lanciata, anche se i californiani sembrano ancora nettamente due spanne sopra il resto della lega.

Inoltre, la coesistenza tra Paul e Harden sarà tutta da verificare: il Barba, spostato a playmaker da coach D'Antoni, si è consacrato lo scorso anno tra i giocatori più dominanti in assoluto; quella tra Paul e Harden è di fatto una retroguardia affascinante ma sperimentale, che tuttavia in una NBA sempre più small ball oriented potrebbe alla lunga fare la differenza.

Discorso diverso per Jimmy Butler. L'ex Marquette è stato protagonista del trasferimento più rilevante durante la notte del Draft: i Timberwolves sono riusciti a convincere la dirigenza dei Bulls a lasciarlo andare in cambio di Kris Dunn, Zach LaVine e la settima scelta assoluta, tramutatasi poi in Lauri Markkanen. Jimmy G. Buckets ritrova così a Minneapolis il suo ex coach ai tempi di Chicago, Tom Thibodeau, ma soprattutto andrà a formare un intrigante e potenzialmente devastante nuovo Big 3 insieme a due astri nascenti della pallacanestro americana: Andrew Wiggins e Karl-Anthony Towns. Anche in questo caso, vale lo stesso discorso fatto per Houston: squadra nettamente rafforzata con l'arrivo di un giocatore solido e miglioratosi di anno in anno in entrambi i lati del campo come Butler, ma è ancora forse prematuro parlare di equilibri stravolti, specie in una Western Conference che ormai da anni risulta di gran lunga più competitiva rispetto alla sorella a Est; sottinteso, inoltre, l'ancora largo margine che separa i soliti Warriors dal resto della lega...

Corsa ai free agent

Tolti i botti Paul e Butler, il grosso dei cambiamenti avverrà durante la free agency, che si apre ufficialmente il 1 luglio: e anche qui vanno fatti dei doverosi distinguo. Se alcuni svincolati rimarranno al 100% a casa loro (Kevin Durant e Steph Curry), altri sonderanno invece il mercato alla ricerca di contratti vantaggiosi e ambizioni più congrue alla loro dimensione da All-Star. Tre i nomi che, in tal senso, vengono in mente: Gordon Hayward, Paul George e Blake Griffin.

Il primo viene da un'annata, quella appena passata, in cui si è consacrato con la maglia degli Utah Jazz, con la convocazione all' All Star Game e le semifinali di Conference: ascolterà le proposte di mezza NBA, ma per l'ex Butler sembra una volata a tre tra Boston, Miami e gli stessi Jazz.

Per PG13, giocatore di livello assoluto ma da alcune stagioni non più supportato adeguatamente negli Indiana Pacers, si erano fatte avanti Cleveland, i Lakers - destinazione graditissima a George, originario proprio di Los Angeles, - Houston e i soliti Celtics. A spuntarla, sia pur solo per un anno, sono stati però a sorpresa gli Oklahoma City Thunder, che hanno prelevato George a prezzo tutto sommato di saldo: a Indianapolis sbarcano Victor Oladipo e Domantas Sabonis.

I verdi di Boston sembrano i più attivi sul mercato degli svincolati: interessatissimi a Blake Griffin, la prima scelta del 2009 avrebbe tuttavia deciso di rimanere nonostante la dipartita di Paul da Los Angeles sponda Clippers.

Per lui corposo quinquennale da 173 milioni di dollari, che tengono lontane le voci di una ricostruzione, in attesa del destino di DeAndre Jordan. Complicata, infine, la situazione di Carmelo Anthony: la stella dei Knicks, anche con l'allontanamento dal front desk del Maestro Zen Phil Jackson, potrebbe essere comunque ceduto. Per Melo, che per contratto ha diritto di veto su qualsiasi destinazione a lui non gradita, si sono fatte avanti Houston e Cleveland.

Situazioni complesse, insomma, in cui l'inserimento o la rimozione di un tassello scatenerà di sicuro un effetto domino che, come ogni anno, andrà a vantaggio di certi e a danno di altri: il tempo, come la solito, sarà galantuomo.