Pare che i praticanti di eSports potranno presto gridare “Νενικήκαμεν’’, ovvero abbiamo vinto, come lo fece Filippide quando giunse ad Atene dopo aver corso la famosa distanza che la separava dalla Maratona. In seguito a un comunicato, il Comitato Olimpico riunitosi a Losanna sabato starebbe lentamente riconoscendo gli eSports in quanto tali; anche se potranno diventare disciplina olimpica solo a patto che rispettino tutti i valori dei giochi e che siano regolati da un’organizzazione garante della loro conformità alle regole del Movimento olimpico.

I praticanti di eSports, quindi, sono sempre più vicini a poter partecipare alle Olimpiadi come veri atleti.

L’eSport è la partecipazione a videogiochi a livello agonistico, competitivo e organizzato. Generalmente multigiocatore, i generi più diffusi sono sparatutto, strategici, picchiaduro e giochi di guida.

Perché dovrebbero essere un vero sport?

Lo sport è un insieme di esercizi fisici, che impegnano anche le capacità psichiche, praticati sotto forma di gioco o esercizio individuale e collettivo, che può dare origini a competizioni. La rivendicazione di tale status per gli eSports è stata avanzata per la prima volta nel 2014 da uno dei creatori di World of Warcraft, Rob Pardo, secondo il quale sia per la preparazione fisica richiesta ai giocatori che per il crescente numero di partecipanti e spettatori ai tornei, gli eSports avrebbero il diritto di essere riconosciuti in quanto disciplina olimpica.

Effettivamente, l’organizzazione dei tornei live di videogiochi ha il carattere di quelli di qualunque evento sportivo: c’è la presenza di arbitri, commentatori, e sono preceduti da numerose fasi di qualifica. E sono seguiti da milioni di spettatori. I tornei più noti sono il World Cyber Games, l’Electronic Sports World Cup, e il DreamHack.

Alla base di questi eventi stanno solitamente le due leghe più importanti, ovvero l’MLG, la Major League Gaming, e l’ESL, l’Electronic Sports League.

Nel 2016, in realtà, già molti paesi tra cui la Finandia, il cui comitato olimpico nel 2016 ha accettato come membro associato un’associazione che si occupa di Sport Elettronici e la Francia hanno riconosciuto gli eSports come discipline sportive vere e proprie; la Francia ha già provveduto a creare un’associazione (eSports France) che a livello nazionale si occupi di regolamenti, pratiche anti-doping, scommesse, in pratica di tutte quelle dimensioni legate agli sport olimpici che fanno quegli sport tali.

Il CONI, cioè il Comitato Olimpico Nazionale italiano, non l’ha fatto, anzi, sta procedendo il senso contrario.

Una problematica puramente concettuale

Qual è la problematica della questione? Potrebbe essere puramente concettuale: chi accetterebbe gli eSport come disciplina olimpica ha in testa una definizione, un concetto di sport diversi da quella di chi li escluderebbe categoricamente. Per Emmanuel Kant, i concetti rappresentano proprietà, oggetti ed insiemi di oggetti, e sono modificazioni della mente. Due concetti diversi, quindi, anche se riconosciuti dalla stessa parola, indicano non solo proprietà diverse, ma anche oggetti diversi, e in pratica sottolineano due diverse disposizioni mentali.

In pratica, quello che può causare fatica nell’accettare gli eSports in quanto sport, è il fatto che nella categoria - e quindi nel concetto - di sport, accettata e riconosciuta fino ad ora, tutti gli sport abbiano determinate caratteristiche: sforzo fisico intenso, sforzo di concentrazione intenso, allenamento costante, pesante e necessario, etc. Per questi motivi determinati sport possono fare parte della categoria in questione. E sono gli stessi motivi per cui i vari comitati olimpici hanno già lungamente discusso, per esempio, a proposito di rendere sport olimpici discipline quali l’arrampicata, l’equitazione, e via dicendo.

Nella sua concezione dualistica, Cartesio oppone res cogitans e res extensa, dividendo il mondo del pensiero da quello della realtà, e l’anima dal corpo, che comunicherebbero solo attraverso la ghiandola pineale.

Ma nella pratica di qualunque sport, al contrario, sembrano intervenire entrambe le dimensioni: il corpo è impegnato nello sforzo, ma la mente agisce sul corpo - per combattere la fatica e il dolore, per mantenere la concentrazione. Gli atleti olimpici, per esempio, si dedicano davvero alla visualizzazione mentale degli eventi a cui devono partecipare. Usain Bolt non corre così veloce solo perché ha forza nelle gambe. Corre così veloce anche perché è il più concentrato, il più determinato, e per decine di altri minuscoli fattori.

Nella pratica degli eSport, la dimensione fisica è ovviamente ristretta; questa mancanza può essere compensata dall’attività mentale, oppure la divisione tra le due è troppo netta perché questa compensazione abbia luogo?

Ma non stiamo parlando di due dimensioni diverse. Nello sport, la mente agisce tanto quanto il fisico. Mens sana in corpore sano, scriveva Giovenale nelle Satire. Negli eSport, la dimensione fisica, per quanto presente - difatti i team professionali hanno preparatori sia mentali che fisici - non può essere paragonata a quella di una qualsiasi disciplina olimpica. Lo sforzo mentale e fisico è estremamente diverso, nonostante non si possa non ammettere la sua esistenza. Ma a parità di sforzo mentale, allora, dovremmo inserire nelle discipline olimpiche anche attività come il gioco degli scacchi. A quel punto, il concetto di sport come l’abbiamo visto prima perderebbe il suo significato e valore.

La partecipazione del fisico ad un videogioco è ridotta. La dimensione mentale è invece estremamente sollecitata; però, se dovessimo cominciare a considerare se rendere discipline olimpiche tutte quelle attività che richiedono uno sforzo mentale notevole, la lista diventerebbe infinita; e i Giochi Olimpici perderebbero il loro valore. Valore che deriva dal voler emulare i Giochi olimpici antichi - le celebrazioni atletiche e religiose, svolte ogni quattro anni nella città di Olimpia, storicamente dal 776 a.C. al 393 d.C., finalizzate al culto del corpo.

La “lista d’attesa sportiva’ in realtà già esiste: nel 2016, il CIO votò per aggiungere baseball, karate, arrampicata sportiva, surf e skateboarding ai Giochi estivi del 2020.

Gli eSports non sono i soli a voler essere riconosciuti un quanto sport e sport olimpico, ma sono piuttosto gli ultimi arrivati. Il punto non è in realtà quello di considerare gli eSports come sport veri e propri oppure no, ma di continuare a operare una categorizzazione: tra discipline olimpiche e non olimpiche. Per comprendre a fondo la questione che sembra essere solo linguistica e concettuale, bisogna aggiungere un altro livello, quello mediatico. Ammettere gli eSport come disciplina olimpica farebbe sì che tutta una lunga serie di spettatori, sponsor, investimenti, vegani spostati verso il mondo olimpico. Coinvolgendo quindi un numero di persone maggiore, e dando una sorta di contentino alle “nuove generazioni’’, Millennials o meno, che non sono appassionati di sport ma che lo sarebbero di eSport.

Un’altra domanda da porsi è se un’azione del genere non potrebbe avere effetti negativi? Basta pensare al sentimento di emulazione che proviamo vedendo le competizioni olimpiche. Vedere i videogiochi alle Olimpiadi forse rischierebbe di giustificare il rapporto tendenzialmente malato e di dipendenza che abbiamo con la tecnologia. Forse da parte del Comitato Olimpico internazionale potrebbe essere una mossa quasi controproducente.

Infine, per una speculazione a livello di puro statuto ontologico: provate a correre da Maratona ad Atene per avvertire i vostri concittadini che avete vinto la battaglia, e poi fate una partita a World of Warcraft. Vogliamo mettere a confronto la soddisfazione?