Una decisione drastica, una presa di posizione storica, una sanzione esemplare come mai era accaduto prima. Oppure no. La decisione presa nelle scorse ore da Comitato Olimpico Internazionale che ha annunciato l’esclusione della Russia dalla Olimpiadi invernali dal 9 al 25 febbraio 2018 a Pyeongchang, in Corea del Sud, potrebbe apparire come un passo importante, ma potrebbe anche essere letta come un soluzione politica di un problema emerso quasi quattro anni fa e non procrastinabile ulteriormente. ll Comitato esecutivo del CIO ha discusso i risultati della Commissione guidata dall'ex presidente della Svizzera, Samuel Schmid, che si è occupata a lungo della manipolazione sistematica del sistema antidoping in Russia nel periodo di Sochi 2014.

È così emerso un complesso e organizzato programma di stato volto a somministrare sostanze dopanti agli atleti della propria nazionale.

Comitato olimpico russo sospeso, ma i russi saranno comunque in Corea del Sud

Soluzione? Russia esclusa da Pyeongchang, come già accaduto per le Paralimpiadi invernali previste sempre in Corea del Sud in marzo. Ma, attenzione. Russia esclusa in quanto nazione riconosciuta dal Comitato Olimpico, non gli atleti russi. Questi ultimi infatti potranno comunque partecipare ai prossimi Giochi invernali, a patto di poter dimostrare di aver superato rigorosi protocolli di screening. Ed inoltre, indosseranno uniformi che li identificheranno come "atleta olimpico dalla Russia" invece che come atleta indipendente.

Insomma, una sanzione che pare funzionale a metà, anche se il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Thomas Bach ha sottolineato come questa decisione «dovrebbe tirare una riga su un attacco senza precedenti ai Giochi olimpici e allo sport».

Un linguaggio iperbolico pensato che chiudere il caso di 4 anni fa?

Dunque, nonostante il linguaggio iperbolico utilizzato per annunciare l’esclusione della Russia, la disposizione del CIO potrebbe essere stata pensata per nascondere definitivamente sotto al tappeto, con un bel colpo di scopa, il clamore che ancora si ode intorno ai giochi invernali di Sochi 2014 ed i dubbi, o forse sarebbe meglio dire certezze, sul doping sistematico.

Certo il Comitato Olimpico russo è stato sospeso ed i suoi atleti non sfileranno sotto la bandiera russa durante la cerimonia di apertura nell’Olympic Stadium di Pyeongchang. E nemmeno ascolteranno l'inno russo suonato nel caso di conquista di una medaglia d’oro (in questo caso verrà proposto l’inno olimpico). Ma resta il dubbio di una punizione incompleta, pensata per rabbonire qualcuno e per evitare ripercussioni diplomatiche, che sarebbe stata forse migliore, e certo più dura e significativa, con il divieto a partecipare per tutti gli atleti russi.

Il modo per evitare futuri boicottaggi ed evitare crisi diplomatiche

Insomma, si è chiuso un portone, ma si è lasciata aperta una porta laterale. E nemmeno troppo piccola. In pochi si aspettano che l’esclusione russa dalla Corea del Sud sia molto dissuasiva. "I diritti dei singoli atleti russi devono essere protetti" ha sottolineato in una conferenza stampa Samuel Schmid, colui che, come detto, ha guidato una commissione che ha esaminato l'elaborato sistema di doping russo. Ma così facendo il CIO ha evidentemente fatto di tutto per cercare di evitare qualsiasi appello al boicottaggio, che presumibilmente sarebbe arrivato dal presidente russo Vladimir Putin.

Alexander Zhukov, presidente del Comitato Olimpico russo, parlando ai giornalisti a Losanna, in Svizzera, dopo l’annuncio dell’esclusione, ha anticipato che la Russia discuterà la decisione, ma che la volontà di identificare i loro atleti come russi e non come neutrali è "molto importante". Come dire: una decisione che certo non ci fa felici, ma che potremmo anche sopportare e supportare al fine di chiudere definitivamente la vicenda Sochi 2014.