Dopo Google e Apple, anche Amazon finisce nei guai con il fisco italiano. La notizia era stata anticipata dal quotidiano La Repubblica online lo scorso anno, ed è stata confermata da fonti ritenute sicure. L’inchiesta è partita nel 2016 in seguito all’iscrizione nel registro degli indagati di un manager della filiale lussemberghese del colosso di Seattle. Per la procura della repubblica di Milano, amazon ha frodato il fisco italiano per circa 130 milioni di euro.

Il reato contestato è di omessa dichiarazione

Il reato contestato ad Amazon è quello di omessa dichiarazione dei redditi.

L'inchiesta è partita dall'iscrizione nel registro degli indagati di un manager della filiale lussemburghese del gigante dell'hi-tech. Dopo più di un anno dall'inizio delle indagini, il Nucleo della Guardia di finanza ha redatto un “processo verbale di constatazione” in cui risulta accertata la presunta evasione fiscale del colosso dell’e-commerce statunitense. L’inchiesta è coordinata dal pm Adriano Scudieri e dal procuratore Francesco Greco. La Gdf ha proseguito le indagini ipotizzando che Amazon abbia “fotocopiato” il meccanismo già utilizzato da Apple e Google e ormai perfettamente noto ai magistrati italiani. Le grandi società statunitensi avrebbero di fatto contabilizzato i profitti realizzati in Italia in modo da poter eludere il fisco.

L’evasione fiscale contestata ad Amazon riguarda il quinquennio 2009-2014. La relazione conclusiva delle indagini della Gdf, il cosiddetto “processo verbale di constatazione”, è stato trasmesso le scorse settimane alla procura milanese e all’Agenzia delle Entrate, la quale si potrebbe in seguito avvalere della eventuale sentenza giudiziaria per emanare un avviso di accertamento fiscale alla società statunitense.

I casi Apple e Google

Le sorti di Amazon potrebbero seguire le orme già tracciate da altri due colossi del mondo digitale americano. I problemi della società fondata da Steve Jobs con il fisco italiano si sono risolti con la capitolazione del gigante americano. L'accordo di Apple con i pubblici ministeri milanesi era stato raggiunto solo dopo che la società di Cupertino ha versato 318milioni di euro all'Agenzia delle entrate, a fronte del mancato versamento dell'Ires (imposta sui redditi delle imprese) per circa 879milioni in cinque anni.

Mentre Michael O’Sullivan, il rappresentate legale irlandese della Apple Sales International, ha patteggiato i 6 mesi di carcere a cui era stato condannato dalla procura milanese, pagando una multa di 45mila euro. A O’Sullivan e ad altri due manager italiani, per i quali però i pm hanno chiesto l’archiviazione, erano stati contestati i reati di omessa dichiarazione dei redditi. Non cambia di molto il caso che ha visto coinvolto Google con la procura milanese. Per gli agenti della Gdf, la società di Mountain View ha evaso il fisco, tra il 2009 e il 2013, per circa 227milioni di euro. I manager della società americana avrebbero utilizzato, per eludere il fisco italiano, una serie di società dislocate tra Irlanda, Paesi Bassi e le Bermuda.

Ai cinque imputati (due manager irlandesi, uno inglese, un americano e un taiwanese) il pm Isidoro Palma ha potuto però contestare solo il mancato versamento dell’Ires, per un importo pari a 98,2milioni di euro.L’Agenzia delle entrate ha aperto un contezioso tributario nei confronti di Google, che potrebbe chiudersi a breve e che arricchirebbe le casse dello stato con un maxi-versamento, così come già accaduto con Apple. Facebook e Western Digital sono già nel mirino dei pm milanesi.