La manovra di bilancio 2018 sta facendo molto discutere e soprattutto trepidare i milioni di consumatori che ogni mese sono alle prese con bollette di tutti i tipi. Mentre si attende l'emendamento al decreto fisco che vieti per legge la fatturazione delle utenze telefoniche a 28 giorni, ecco che nella manovra in questione si cela un'altra possibile beffa: l'aumento occulto della Tari, una delle tasse più odiate.

Tari 2018: nella manovra una frase che lascia spazio agli aumenti

La sospensione di cui al primo periodo non si applica alla tassa sui rifiuti di cui all'articolo 1, comma 639, della legge 27 dicembre 2013, n.

147. Ecco la frase incriminata. Di cosa si tratta? Ebbene, la manovra di bilancio 2018 ha bloccato l'aumento dei tributi comunali. E quella frase sta a significare proprio che la tassa sui rifiuti è esclusa da questo blocco. Cioè in altre parole la Tari può essere aumentata dai singoli comuni, e l'esperienza purtroppo insegna che se una tassa può aumentare, probabilmente lo farà. Come ci si aspetta per la fatturazione delle bollette telefoniche, che potrebbero sì passare di nuovo a 12 mesi, ma con aumenti.

La buona notizia: i Comuni hanno sbagliato i calcoli, in arrivo una pioggia di ricorsi

Dopo aver spiegato come chiedere il rimborso delle bollette a 28 giorni, occupiamoci della Tari. Infatti c'è anche qui una buona notizia per tutti i contribuenti.

Lo stesso sottosegretario al ministero dell'economia Baretta ha chiarito che il calcolo della Tari va fatto una sola volta. L'errore, cioè, che molti comuni hanno commesso, è stato quello di calcolare la tariffa più volte, cioè comprendendo anche le pertinenze dell'abitazione. Dato che molti comuni inviano ai propri cittadini gli F24 precompilati, questo errore è stato in qualche modo subito dai cittadini, che si sono fidati dei calcoli.

Il sottosegretario Baretta ha risposto in proposito ad un'interrogazione parlamentare presentata da Giuseppe L'Abbate del M5S. Si parla della quota variabile della tassa sui rifiuti. Questa deve essere calcolata solo una volta, senza tenere conto delle cosiddette pertinenze, come cantine o posti auto. Cioè il calcolo si fa solo sull'abitazione principale. Il riferimento normativo è chiaro: si tratta del d.p.r. 27 aprile 1999, n. 158, che stabilisce il metodo per la definizione della tariffa rifiuti. Lo stesso è stato poi modificato dalla legge 23 dicembre 1999, n. 48, cioè la Finanziaria del 2000 e dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289.

Come chiedere rimborso della Tari

Non si tratta però di un calcolo che sbaglia di poco. Si calcola che l'introito percepito dai comuni abbia superato il 70%. La buona notizia è che, fino a 5 indietro, i contribuenti possono chiedere la restituzione del non dovuto. Come fare? E' sufficiente come primo passo verificare i dati presenti nelle bollette pagate e inviare una richiesta tramite raccomandata con ricevuta di ritorno o posta elettronica certificata al proprio comune. Si deve citare espressamente l'interrogazione parlamentare n. 5-10764 del 18 ottobre 2017. Si devono allegare tutti gli avvisi di pagamento o gli F24 ricevuti con le relative ricevute di saldo prestando attenzione al fatto che siano indicati:

  • i dati catastali dell’abitazione
  • la superficie catastale su cui è stato calcolato il dovuto
  • le somme da pagare con il relativo dettaglio
  • il numero degli occupanti l'abitazione
  • la quota fissa e variabile distinta per ogni unità immobiliare.

Il comune deve rispondere. Se così non fosse o se dovesse negare il rimborso, è possibile rivolgersi alla Commissione Tributaria Provinciale, entro 60 giorni.

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