In questi giorni sta tornando alla ribalta una discutibile e incomprensibile usanza attuata dagli amministratori di Facebook Italia: la censura. Centinaia di utenti stanno vedendo sparire i loro account da un momento all'altro con la stessa, inspiegabile motivazione: problemi di sicurezza. Ma come mai Facebook non è più un posto sicuro? Ecco allora che insorge da più parti un grido: Facebook ci sta censurando. Non si spiegherebbe altrimenti l'ondata di chiusure improvvise di profili e pagine che hanno in comune una caratteristica, la denuncia o la critica.

Facebook ha chiuso oggi il profilo di Simone Borgese, il ragazzo romano reo confesso dello stupro ai danni della tassista romana perché vittima di troppi insulti. Ma per gli altri cosa dire?

Da Rosario Marcianò al comitato Diritto alla Casa, ecco gli oscurati scomodi

Perdere improvvisamente un profilo attivo e sul quale si condividono articoli, foto e amicizie è certamente fastidioso, ma diventa quantomeno sospetto se a vedersi chiudere l'account sono sempre i "soliti noti". Capita così che l'ingegnere ligure Rosario Marcianò, da anni attivo nella sensibilizzazione al rischio ambientale per le sue battaglie contro le irrorazioni chimiche e la geo ingegneria, sia costretto a ricominciare ogni volta daccapo a causa di chiusure che si nascondono sempre dietro la parola "rischio per la sicurezza".

E' capitato anche al "comitato diritto alla casa" che si è visto oscurare proprio nel bel mezzo di una campagna di denuncia contro la prefettura di Milano a difesa degli occupanti abusivi di alcune palazzine dell'Aler, l'ente case.

Pornografia si, madri che allattano no, qual è il criterio?

Che il criterio con il quale Facebook sta chiudendo tanti account sia a dir poco discutibile lo prova il fatto che, basta fare una ricerca autonomamente, sul social network di Mark Zukerberg è pieno di profili con foto anche molto spinte se non addirittura video decisamente pornografici.

Tante foto anche di bambini piccoli, vera e propria manna per i malintenzionati e i pedofili. Per Facebook però questo è normale. Di poco tempo fa invece una notizia che è destinata forse a cambiare le regole del gioco. Una fotografa francese, Jade Beal, si è vista oscurare delle bellissime foto di donne che allattano i propri figli.

Un'insegnante, sempre francese, che aveva condiviso sul social network il celebre quadro di Courbet "l'origine del mondo", si è vista bloccare l'account per immagine troppo esplicita. Ma lei si è rivolta alla corte francese che le ha dato ragione. Benché infatti al contratto virtuale sottoscritto dagli utenti con Facebook si applichino in teoria le leggi della California, sede legale del colosso, ciò non vuol dire che negli altri paesi gli utenti debbano essere privati della libertà di espressione e di informazione.