Come è ben noto da tempo, un punto fermo della politica del neo presidente eletto Donald Trump è quello del protezionismo; ossia preservare fino allo stremo delle forze sia il lavoro americano che i prodotti stessi americani. Fino ad ora, ad opporsi al potere del magnate multimiliardario è sempre stato il popolo dei votanti, cioè tutti coloro che sono andati a votare (e ricordiamo che Clinton aveva ottenuto quasi 3 milioni di voti in più rispetto al presidente attuale, il quale vinse per maggioranza di grandi elettori) ma qualcosa sta cambiando dato che anche alcune multinazionali molto conosciute al giorno d'oggi stanno iniziando ad opporsi a questa politica.

Google e Microsoft sul piede di guerra

Se uno pensa a società come Google e Microsoft, attualmente le maggiori società tecnologiche al mondo assieme ad Apple, non pensa di certo ad una società americana DOC. Basti pensare agli spot pubblicitari che spesso vediamo in televisione: oltre a promuovere i loro dispositivi più moderni, queste aziende promuovono (volontariamente o non) anche la presenza di un team fortemente multietnico la cui nazionalità non può essere certamente solo americana.

Ma non fermiamoci solamente agli spot pubblicitari: anche dai fatti è ben evidente che aziende come Google contino così tanto su questa "diversità di nazionalità". Pensate che la maggior parte degli sviluppatori di Google sono indiani, senza contare anche le centinaia di traduttori che lavorano costantemente per la società.

Di certo, se Google si trovasse costretta di punto in bianco a dover rinunciare ai propri "immigrati" non sarebbe più la stessa di oggi.

Con Microsoft il confronto è ancora più marcato: basta pensare che l'attuale presidente, Satya Nadella, è di origini indiane. Tra le altre motivazioni rientrano sempre quelle già citate per Google: la multietnicità è un fattore fondamentale per la sopravvivenza della società.

Anche Apple è contro Trump

Dopo aver citato grandi nomi come quelli di Microsoft e Google, non potevamo non parlare di Apple, altra grande multinazionale che non solo conta sul suo personale esercito multietnico (tra sviluppatori e traduttori) ma bisogna ricordare che anche lo stesso Tim Cook (l'attuale CEO della società) è figlio di genitori immigrati.

Insomma, come la storia ha sempre insegnato, la politica protezionista è sempre stata difficile da preservare e anche nel caso del nuovo presidente si stanno ripetendo le difficoltà: staremo a vedere come riuscirà ad uscirne.