Studenti e ricercatori della Facoltà di Agraria e del corso di laurea in Scienze e Tecnologie Agroalimentari in visita alle cantine Alessandro di Camporeale, realtà vitivinicola tra le più promettenti in Sicilia. Un tour enodidattico coordinato dalla gastronoma Teresa Armetta e da Anna Alessandro, che insieme ai due Benedetto porta avanti la viticoltura avviata nei primi del 900 dai fondatori (e fratelli) Rosolino, Antonio e Natale. Un'azienda passata dalle 18 mila bottiglie prodotte dal 2000 alle oltre 240 mila della vendemmia 2016, che punta a una graduale espansione della produzione nei prossimi cinque anni.

Studenti e ricercatori hanno visitato, accompagnati da Anna Alessandro, la vigna di Camporeale esposta a sud- est, a 400 metri sopra il livello del mare, che ospita circa 6.300 viti allevate a spalliera con cordone speronato. Qui ha origine il Kaid, Syrah che probabilmente è il Vino più noto tra le sette etichette della casa.

Un tappo ecocompatibile, sostenibile e dalle ottime performance

Durante il tour in cantina, Anna Alessandro ha descritto a ricercatori e studenti STAL il sistema d'imbottigliamento con funzionamento "sotto azoto" per estromettere l'ossigeno dal vino, illustrando i vantaggi del tappo utilizzato in azienda, che non è in sughero: 'Si tratta di un tappo ecocompatibile, sostenibile, poiché ottenuto da polimeri vegetali estratti dalla canna da zucchero'.

Ha sottolineato come, oltre alla sostenibilità (si pensi alla scarsità di sughere), del nuovo tappo abbia convinto la performance: 'Lavora alla stregua di un tappo in sughero, ha un nucleo centrale microporoso che consente il passaggio dell'ossigeno, ma a differenza del sughero, che può avere densità diverse nell'ambito dello stesso lotto, consente di normalizzare in modo preciso l'ossigenazione, eliminando l'ossidazione post imbottigliamento'.

Dal Benedè ai pregiati Vigna di Mandranova, il tappo non cambia

Il tappo in questione è prodotto da un'azienda belga, Nomacorc, che collabora con cantine presenti in oltre 40 paesi. In effetti i viticoltori australiani, sudafricani, neozelandesi e cileni hanno superato da tempo il tabù del tappo in sughero, che resta un preconcetto tutto europeo, giustificato da ragioni un po' romantiche (il rito dello stappare e del degustare) e di marketing.

Il tappo in sughero rimane infatti una scelta elegante, ma perfino il tappo a vite, in certi vini freschi, offre una maggiore garanzia del sughero contro l'ossidazione. Le cantine Alessandro di Camporeale hanno prima testato le performance del tappo in biopolimeri sul Benedè, vino Catarratto classico. Superati positivamente tutti i test, il tappo Nomacorc è stato esteso all'alto di gamma: Kaid Sauvignon, Grillo e Catarratto Vigna di Mandranova.