In Egitto il parlamento sta esaminando un disegno di legge volto a rendere obbligatoria la registrazione dei documenti di identità per i proprietari degli account privati su Twitter e Facebook, nella convinzione che lo spazio virtuale sia terreno fertile per i gruppi estremisti e terroristi. Se il deputato Riad Abdel Sattar, da aprile, cerca di persuadere i colleghi dell’opportunità della misura, sostenendo che permetterebbe alle forze di sicurezza di lavorare in modo più efficiente, d'altra parte i difensori dei diritti umani lamentano la volontà del governo di ridurre ulteriormente la libertà di espressione.

Multe salate ai trasgressori

Sattar ha anche proposto di punire i trasgressori con multe salate. Per essere implementata, tuttavia, la legge deve ottenere la collaborazione delle società americane proprietarie dei social network, fatto tutt'altro che scontato. Se rifiutassero, al Cairo resterebbe il potere di bloccarne il funzionamento sul territorio nazionale. Una strada già intrapresa dal governo Al-Sisi, che secondo l'Afte, l'Associazione per la libertà di espressione egiziana, tra maggio e agosto avrebbe chiuso un centinaio di siti di informazione. Il presidente Abdel Fattah Al-Sisi ha anche istituito una commissione ad hoc per valutare il contenuto dei media, nonché riformato il codice delle ong, in modo da impedire loro di occuparsi di cause che mettano in discussione le scelte dello Stato.

Numerosi siti bloccati

Il regime autoritario di Al-Sissi continua a soffocare la stampa bloccando alcuni mezzi online, l'ultimo settore della libertà di espressione nel paese. Tra maggio e agosto, l'Associazione per la libertà di pensiero e di espressione, AFTE, ha identificato più di un centinaio di siti web messi in blacklist dal governo.

Mada Masr, un media egiziano indipendente e progressista, e uno degli ultimi bastioni della libertà di espressione nel paese, è uno di loro. Questo sito ha pubblicato numerose indagini sulla corruzione e la repressione dell'opposizione, così come l'Arabi HuffPost. "L'Egitto è attualmente in un buco nero digitale", ha detto Lina Attalah, fondatore di Mada Masr.

Il regime ha rifiutato di commentare queste misure, semplicemente assicurando che questi siti sostengano il terrorismo ma I giornalisti e le associazioni per la difesa dei diritti umani hanno radicalmente contestato questa giustificazione.