Era il 5 novembre 2007, quando Google rilasciava la prima versione beta di Android: 10 anni fa nasceva ufficialmente il sistema operativo dedicato ai dispositivi mobili più diffuso al mondo con oltre due miliardi d’installazioni. Presente su circa l’82% degli smartphone e il 66% dei tablet, la piattaforma s’appresta a essere aggiornata a Oreo. Nel corso del tempo, Android è approdato agli smartwatch e ad altre soluzioni integrate per la cosiddetta internet of things. Eppure, Andy Rubin e i suoi soci – che lo concepirono già nel 2003 – pensavano d’installarlo sulle fotocamere digitali (come pure è avvenuto in seguito).

Il presente di Android è legato alla competizione con iOS, sviluppato da Apple, che rappresenta l’unico rivale sopravvissuto allo strapotere della piattaforma di Google: escluse le ROM derivate come GalaxyOS, LineageOS, MIUI, ecc. le alternative che sono state proposte hanno fallito — da Windows Phone a BlackBerry OS, da webOS a Palm OS. Il futuro guarda ai mercati in via di sviluppo con Android Go e i device prodotti da società emergenti per conquistare il prossimo miliardo d’utenti. Un settore che a Cupertino non è mai interessato granché, preferendo puntare sulle soluzioni di fascia alta.

Nexus vs Pixel

La storia di successo del sistema operativo passa attraverso i numerosi dispositivi distribuiti dai diversi partner, ma non possiamo dimenticare gli esperimenti di Google per competere direttamente con iPhone e iPad: la serie Nexus – di volta in volta prodotta da ASUS, HTC, LG, Motorola, Samsung o Huawei – ha costituito una svolta nella creazione di smartphone e tablet per Android.

La dozzina di device prodotti dal 2010 al 2015 è stata un punto di riferimento per i consumatori di tutto il mondo che volevano provare un’esperienza priva delle personalizzazioni previste dalle varie aziende.

Coi Pixel è stata inaugurata una nuova fase, ancora più vicina al modello di Cupertino: dal 2013, quando Google ha presentato il Chromebook omonimo, a stabilire il design dei dispositivi (sempre prodotti da terze parti) è direttamente Big G.

Accolti con interesse dagli utenti, s’apprestano ad arrivare anche in Italia nonostante i problemi riscontrati. Non è chiaro se a Mountain View abbiano in programma, un domani, di produrre da sé gli smartphone e i tablet come già avviene per iPhone e iPad di Apple.

Motorola e HTC

Il percorso affrontato da Android, quanto alla gestione di Google, non è sempre stato lineare.

L’acquisto di Motorola nel 2011 – rivenduta nel 2014 a Lenovo – col senno di poi non sembra essere stata una buona idea: ha determinato la chiusura della serie Nexus e causato una considerevole perdita di capitale a Mountain View, che avrebbe voluto mantenere negli Stati Uniti un simbolo della tecnologia nordamericana. Nelle mani del colosso cinese, l’azienda continua a proporre dei dispositivi pregevoli che s’inseriscono soprattutto nella fascia medio-bassa più alcuni esperimenti interessanti sugli accessori ufficiali a corredo.

Riguardo all’investimento in HTC che risale al mese di settembre, al contrario, sembra che Google abbia aggiustato il tiro. Le prime indiscrezioni parlavano di un assorbimento simile a quello avvenuto con Motorola, mentre Big G ha preferito limitarsi ad assumere 2.000 dipendenti da assegnare alla divisione dei Pixel.

Un ritorno alle origini, considerando che il Dream del 2008 (commercializzato da T-Mobile come G1 in Europa e negli Stati Uniti) è stato il primissimo smartphone della storia a installare Android. Un buono auspicio per un nuovo inizio dopo 10 anni di successi?