Instagram sta continuando a crescere senza sosta. Una delle ultime statistiche fatte dal sito Statista, ha raccolto il numero di visitatori attivi che Instagram ha raggiunto a settembre 2017, ovvero gli 800 milioni di persone. Il numero diventa rilevante considerata la crescita continua che questo social ha avuto dal 2013 fino ad oggi, come è mostrato nel grafico sottostante.

I dati

Nell'ultimo periodo, inoltre, sono stati registrati due fenomeni avvenuti quasi simultaneamente: da una parte, l'engagement, l'abitudine e l'intrattenimento, derivati dall'utilizzo di Facebook; dall'altra, una crescita sostanziale nell'utilizzo di Instagram e Snapchat, soprattutto nella fascia della popolazione under 20.

Tra le varie fonti che hanno raccolto i dati e analizzato il problema c'è il sito eMarket, esperto che si occupa di studiare i trend e di analizzare gli spostamenti dell'utenza. La ricerca portata a termine rivela che negli Stati Uniti gli utenti teenager che abbandonano Facebook mensilmente sono il 3,4% - ovvero 14 milioni e mezzo di persone. Il calo mensile della fascia di popolazione tra i 18 e i 24 anni è invece del 3.1%. Questi dati diventano ancor più rilevante se si considera il fatto che il dato di perdita dell'utenza del 2016 è incrementato. Inoltre, volendo considerare l'intero quadro, Facebook rimane il social network più usato dalla popolazione, ma gli utenti sembrano passare meno tempo nella piattaforma, dedicando meno attenzione ai contenuti.

Sempre seguendo la ricerca di eMarket, l'analista di mercato Oscar Orozco, che ha condotto la suddetta ricerca difatti afferma: “Abbiamo notato che i teenagers e i 20 migrano su Instagram o Snapchat. Il motivo è da ricercarsi nel modo in cui queste piattaforme comunicano, ovvero usando contenuti visivi, che sono più linea con ciò che ricerca questa fascia di popolazione.

È per questo che hanno fatto successo”. Inoltre, egli aggiunge: “Tralasciando chi ha già abbandonato Facebook, i ragazzi tra i 12 e i 24 anni sembrano essere meno 'engaged', dato che fanno il login nel sito meno frequentemente e passano meno tempo all'interno del social network”.

Un'altra ricerca portata avanti da Buzzsumo, afferma che su oltre 800 milioni di post analizzati su Facebook provenienti da tutti i tipi di pagina, ha avuto un crollo nell'engagment generale dell'utenza durante il 2016 e l'inizio del 2017.

Le risposte a questo fatto sono molteplici, e si possono trovare nel continuo cambiamento dell'algoritmo di Facebook, il quale definisce quali contenuti privilegiare in quanto simili a like e contenuti visualizzati in precedenza dall'individuo. Ad oggi, questo algoritmo cerca di dare la precedenza a contenuti visivi, soprattutto video, dirette e contenuti live, dettando le regole del gioco, le quali devono essere necessariamente accettate dalle pagine presenti sul sito. Questa scelta ha messo in difficoltà ovviamente tutti coloro che sponsorizzano i loro prodotti e le loro iniziative sul social network, ma ciò che attira maggiormente l'attenzione è il generale priorità al video, all'immagine, a ciò che chiedono gli utenti.

Buzzsumo, nella sua ricerca dice esplicitamente: “la caduta più grande dell’engagement del pubblico riguarda i post con i link e i post con delle immagini. Considerando i dati dei post fatti a video, si riscontra che essi hanno guadagnato il doppio dell’engagement -in media- rispetto ad altri formati dei post.” Sebbene quindi Facebook, caratterizzato da post fatti da testi, link e didascalie, sia sempre meno usato, anche in questa realtà i video e le dirette sembrano farla da padrone.

Andando nel profondo della questione, si deve indagare sui motivi per cui il modello comunicativo delle stories e delle immagini risulti così gradito. Ovviamente, su social network come Instagram e Snapchat è molto più facile interagire, in quanto, se da una parte chi posta decide di caricare un luogo in cui è stato, un'attività nel tempo libero o un luogo; colui che vede è maggiormente soddisfatto da avere un intrattenimento diversificato, al quale non deve dedicare particolare attenzione e che può skippare facilmente.

C'è anche da considerare, che a differenza di Facebook, su Instagram la comunicazione è meno impegnativa, sia a livello mentale sia per ciò che concerne il contenuto che si vuole esporre: scrivere uno stato in cui si dichiara un'opinione o una sensazione è ben diverso da far intuire il proprio stato d'animo attraverso un'immagine, che ha un significato più astratto ed è soggetto a molteplici interpretazioni. Traendo le somme, sembra che piaccia di più costruirsi un'identità online che si trae da piccoli frammenti di interessi e vita quotidiana, azioni che sicuramente sono più veloci da fare e da vedere, più 'leggere' e non implicano un'esposizione diretta di un'opinione, ma solo di una parte del proprio modo di essere.

Aggiungendo al quadro generale, l’avanguardia di Instagram e Snapchat nell’adozione di filtri interattivi, adesivi, sondaggi e hashtags, sembra coerente l’analisi di eMarket, che prevede per il prossimo anno una crescita dell’utilizzo di Instagram da parte degli under 25 del 23.8% negli Stati Uniti e del 34.8% in Inghilterra.

Perchè non si posta più su Facebook?

Sembra che stia scorrendo sotto i nostri occhi una rivoluzione: il cambio di paradigma della condivisione; da testi scritti, link e didascalie, si passa a condividere ciò che si fa, ciò che si vede e ciò che siamo disposto a condividere con il pubblico virtuale che ci osserva. Sebbene, ad un primo sguardo, questo fatto sembra essere dettato solo da una moda temporanea dettata dalle preferenze variabili degli utenti, in realtà sta avvenendo un cambiamento più profondo.

Come mai si dovrebbe preferire condividere la foto del soggetto davanti ad un palazzo o davanti al mare, invece che esprimere con una sentenza scritta il nostro amore per il mare o per la tal mostra avvenuta nel palazzo prontamente fotografato? Il motivo è da ricercarsi nella natura dei mezzi comunicativi usati. Le immagini, infatti, sono per definizione dei soggetti interpretabili che lasciano spazio all’immaginazione dell’osservatore. Una frase, un concetto espresso, una convinzione, lascia meno libertà all’interpretazione, e fa sì che colui che ha scritto si sia esposto al proprio pubblico virtuale. Lo psicologo Robert Cialdini, nel suo libro ‘Le armi della persuasione’, dichiara che: “ogni qual volta si assume una posizione pubblicamente, si è spinti a mantenerla per sembrare una persona coerente.

La coerenza è difatti un tratto della personalità desiderabile: chi ne manca è giudicato come instabile, incerto, confuso, debole e influenzabile, chi lo possiede è visto come una persona razionale, sicura di sé, solida e fidata. Dato questo quadro, non sorprende davvero che la gente cerchi di evitare la reputazione di incoerenza. Per mantenere le apparenze, quindi, quanto più una presa di posizione è pubblica e conosciuta, tanto più riluttanti saremmo a cambiarla”. Ecco quindi spiegato il perché non si posta più su Facebook: i social sono nati con l’obbiettivo di intrattenere e sono fondati su il ‘user-generated content’, ovvero i contenuti che ogni individuo crea, in cambio di ricevere e poter godere dei contenuti postati da altri.

È ovvio dunque, che se esporsi pubblicamente richiede tempo, sforzo e un impegno di coerenza faticoso da portare avanti per il singolo, egli deciderà di fornire dettagli della propria vita personale, mantenendo la conversazione su argomenti più generici e superficiali, dal parlare di cosa si pensa, su Instagram, si parla di ciò che accade e cosa si vede.

Il sociologo Neil Postman definisce i pericoli del cambiamento da un discorso scritto a quello delle immagini

Il sociologo statunitense neil postman, nel 1985 scrisse il libro ‘Amusing ourselves to death’ – ‘Divertendoci fino a morire’, nel quale sottolineò come l’avvento della televisione non comportò un cambiamento solamente nel mezzo usato per comunicare, ma anche come esso abbia cambiato il ‘discorso’: ci fu infatti un graduale shift dalla cultura tipografica alla cultura fotografica.

Seguendo l’argomentazione di Postman, il cambiamento del ‘discorso’ usato (ovvero il contenuto di ciò che si comunica) fu fondamentale, in quanto ad esso corrispose un cambiamento dalla razionalità all’emotività, dall’esposizione all’intrattenimento. Il sociologo si scagliò contro questo nuovo mondo fondato sull’immagine e la ricerca della soddisfazione istantanea, in quanto, come egli stesso scrisse: “perché con le immagini semplicemente non puoi pensare”. Infatti, aggiunge che il testo ci rende in grado di “scovare gli inganni, la confusione e le generalizzazioni, in modo di renderci conto se siano stati commessi errori logici o contro il senso comune. [Leggere un testo] significa anche saper soppesare le idee, comparando e contrastando le diverse asserzioni, connettendo un concetto all’altro”.

Nel libro, l’argomentazione dell’autore si basa essenzialmente sue due premesse e una conseguenza scaturita da esse. Egli, per prima cosa, asserisce che “le forme escludono il contenuto”, o più precisamente che il mezzo di comunicazione definisce i limiti di ciò che si può dire. Come seconda premessa egli adduce che la televisione ‘de-enfatizza’ la qualità del detto per soddisfare i bisogni di intrattenimento di un pubblico più ampio. Postman sottolinea come il metodo visuale, che è passivo e soddisfa la parte emotiva e, se si vuole, creativa, cede spazio alla preparazione estetica del contenuto, togliendo peso al contenuto vero e proprio. Il sociologo costruisce la sua tesi sulle suddette ipotesi, dicendo che la televisione non cerca e non può stimolare lo stesso coinvolgimento intellettuale da parte dello spettatore, che invece è garantito dalla lettura.

Le due dinamiche descritte da Postman nella sua analisi sugli effetti dell’introduzione della televisione nella società, sembrano adattarsi anche al caso preso in questione. Infatti, lo stesso cambio del mezzo di comunicazione è un fatto nei social, dettato dalle regole del mercato, alle quali le aziende interessate rispondono adattandosi alle richieste degli utenti. È stato notato, difatti, come i post di Facebook, comprendenti link e didascalie lunghe, siano sempre meno ricercati dagli utenti, poiché, nel momento di svago preferiscono un tipo di comunicazione più immediato, leggero e meno impegnativo. Difatti, anche nel caso del minor engagement dei post di Facebook, che sono sempre stati creati con link e didascalie lunghe, sia dovuto al fatto che i social vengono utilizzati primariamente come momento di svago, e che è generalmente più facile accrescere le interazioni con il pubblico se gli si parla attraverso immagini e video, più spontanei, più leggeri e a cui dedicare meno impegno, in un mondo che ci vuole sempre iper-stimolati. Facendo un parallelismo con l’intrattenimento passivo della nella tv, si può dire che il passaggio dal discorso scritto a quello visuale può portare gravi conseguenze. Seguendo infatti il ragionamento di Neil Postman, viene sottolineato che: “[guardando delle immagini] viene richiesto di assumere distacco e oggettività. Ciò include attenersi “all’immunità dell’eloquenza” definita da Bertand Russell, che spiegava come si è capaci di distinguere dallo charm, dal tono piacevole dell’interlocutore e da tutte le velleità della televisione, per seguire la logica del loro argomento. Ma allo stesso tempo, si deve essere capace di interpretare il tono del linguaggio usato dall’autore nell’esprimere un concetto. In altre parole, si deve riconoscere la differenza tra chi sta argomentando realmente e chi propone un inganno, un intrattenimento".