Poco importa se alla fine sia arrivata quantomeno la matematica certezza di fare i play off. Non è certamente merito dell'Italia se un Belgio ancora 'affamato', nonostante la qualificazione ai Mondiali 2018 sia una certezza da oltre un mese, ha superato la Bosnia al termine di un'emozionante altalena di gol, ben sette (4-3 per i Diavoli Rossi lo score finale) in quel di Sarajevo. Se la Nazionale italiana malmenata dalla Spagna aveva destato preoccupazione, ci lascia ancora meno tranquilli la squadra che vince in maniera risicata contro Israele e che, nell'ultima gara, si fa imporre il pareggio casalingo dalla Macedonia.

Il rimanente match del girone è assolutamente ininfluente, se non per la statistica e per il morale azzurro decisamente sotto i tacchetti. Si va in Albania consapevoli che la strada per il Mondiale russo del prossimo anno presenta ancora un ostacolo che oggi non ha un nome. Nel prossimo turno, l'ultimo delle qualificazioni europee, il lotto delle partecipanti ai play off della zona europea sarà al completo: il 17 ottobre, al sorteggio di Zurigo, l'Italia conoscerà la sua avversaria. Intanto i tribunali virtuali sono stati allestiti un pò ovunque, il colpevole da mandare sotto processo si chiama Giampiero Ventura. Per tanti giornalisti ed addetti ai lavori che gravitano intorno al pianeta pallone, ma anche per la stragrande maggioranza dei tifosi, il CT è il principale responsabile del rendimento scadente della Nazionale ed alcuni invocano addirittura il cambio di panchina prima dei play off.

Si fanno tanti nomi, il più ricorrente è quello di Carletto Ancelotti tornato improvvisamente disponibile dopo l'esonero dal Bayern Monaco. Ma queste, almeno per il momento, sono chiacchiere da bar o, se preferite, da social network. L'accanimento contro Ventura è forse un palese rifiuto di aprire gli occhi dinanzi alla realtà.

Il calcio italiano attraversa il peggiore periodo della sua storia, la Nazionale è soltanto lo specchio fedele o, se preferite, la punta dell'iceberg.

Il paragone con Antonio Conte

Il gruppo di giocatori ereditato da Antonio Conte è più o meno lo stesso. L'Italia di Conte lo scorso anno ha disputato un Campionato Europeo più che dignitoso: gli azzurri si sono presi il lusso di battere una formazione di spessore come il Belgio e di eliminare una Spagna alla fine di un grande ciclo.

Sono poi usciti ai rigori contro la Germania, giocando comunque alla pari con la squadra campione del mondo. La Nazionale di Ventura, impegnata nel girone di qualificazione ai Mondiali, al contrario non ha mai esaltato. Ha vinto faticosamente contro avversari alla portata e nei due confronti con la Spagna ne è uscita con le ossa rotte: non inganni l'1-1 dell'andata, perché gli iberici fecero il bello ed il cattivo tempo per oltre un'ora di gioco. La sfida di Madrid, al contrario, si commenta da sola. Facile fare l'addizione: l'Italia di Conte si faceva rispettare, quella di Ventura viene presa a pallonate anche dalla Macedonia ed i giocatori sono gli stessi. Purtroppo per i matematici della situazione, il calcio non è mai una scienza esatta.

I tifosi più maturi ricordano come l'Italia campione del mondo del 1982, a distanza di pochi mesi dal trionfo del 'Bernabeu', collezionò una figuraccia dietro l'altra fallendo la qualificazione agli Europei di Francia oppure, tanto per citare un esempio più recente, come Cesare Prandelli, il CT che ci aveva riportato ad un passo dal trono continentale nel 2012 dopo il disastro dei Mondiali sudafricani di due anni prima, fu lo stesso che andò incontro ad una disfatta al Mondiale brasiliano del 2014 che lo rese 'inadeguato per la panchina azzurra' agli occhi dei volubili tifosi italiani. Insomma, gli esempi da citare sono molteplici e, spesso, non dipendono dagli allenatori. Oltretutto, non sempre il cambio di panchina porta benefici.

Se guardiano all'attuale corsa verso la Russia, c'è un Brasile tornato a fare il Brasile dopo la catastrofica gestione di Carlos Dunga e, sotto la guida tecnica di Tite, è stata la prima Nazionale ad ottenere sul campo la qualificazione mondiale. Al contrario, c'è un'Argentina che di commissari tecnici ne ha cambiati tre in due anni e, nonostante le immense risorse in termini di giocatori di qualità, è seriamente a rischio eliminazione. L'ultimo cambio di panchina per una Nazionale impegnata nelle qualificazioni mondiali ha invece riguardato la Croazia. Il deludente pari casalingo con la Finlandia, oltre a far perdere il primo posto nel girone a Perisic e compagni, ha causato l'esonero di Ante Cacic, sostituito da Zlatko Dalic.

Un calcio 'povero'

Quando una Nazionale va male, inoltre, a vincere sono sempre gli assenti. L'Italia è un Paese di CT improvvisati, ai Mondiali di Spagna del 1982 erano in tanti a 'maledire' Enzo Berzot dopo le prime tre deludenti partite, perché aveva lasciato a casa il bomber della serie A, Roberto Pruzzo, ed aveva convocato l'evanescente Paolo Rossi che veniva da due anni di squalifica. Come finì quel Mondiale lo sappiamo tutti. Oggi, tra gli assenti invocati dai tifosi, il nome ricorrente è quello di Jorginho, eclettico centrocampista del Napoli certamente tra i più forti della serie A. Senza nulla togliere al giocatore italo-brasiliano, riteniamo che un solo innesto sia insufficiente per risollevare le sorti di un gruppo che di lacune ne ha tante.

Perché, se proprio dobbiamo essere sinceri, di qualità in questo momento il calcio italiano ne ha invero poca e, anzi, ci permettiamo di affermare senza timore di smentita che non è mai stato così povero di talenti nel dopoguerra. Alla fine le scelte di Ventura sono dettate dal materiale a disposizione e, rispetto alla maggior parte dei suoi predecessori, non è certamente fortunato. C'è un solo fuoriclasse nel giro azzurro attuale, si chiama Gigi Buffon e compirà 40 anni tra qualche mese. Questo testimonia chiaramente un ricambio generazione che non c'è stato dopo il titolo mondiale vinto nel 2006. Il lento ed inesorabile declino è iniziato dopo la magica notte di Berlino, stagione dopo stagione, quando hanno lasciato la Nazionale i vari Pirlo, Totti, Del Piero e Cannavaro.

Gli eredi non sono all'altezza ed è un elemento nuovo per il nostro calcio. Non è una tragedia immane, è accaduto anche ad altre nazionali di grandi tradizioni: ad esempio la Germania, dopo il titolo mondiale vinto nel 1990. L'intero 'sistema calcio' tedesco si è semplicemente rimboccato le maniche dopo aver vivacchiato ancora per qualche anno sulla vecchia generazione, potenziando i vivai, ricostruendo mattone dopo mattone una Nazionale che, oggi, è la più forte del mondo.

Il futuro

Il futuro di Giampiero Ventura e del suo gruppo dipende esclusivamente dai play off. Non andare in Russia sarebbe una catastrofe sportiva ed innescherebbe un processo di rinnovamento che dovrebbe toccare, in primo luogo, la FIGC.

Il calcio italiano oggi soffre, oltre che dal punto di vista tecnico, anche sotto il profilo economico e strutturale, e ci sono indubbiamente gravi colpe dei vertici. Se invece l'Italia disputerà la fase finale della Coppa del Mondo, c'è da sperare che faccia un cammino dignitoso e, dunque, diverso rispetto alle precoci eliminazioni del 2010 e 2014. Ma non siamo molto ottimisti: questo gruppo non è in grado di competere con l'élite del calcio internazionale e i nodi stanno venendo al pettine ancor prima del Mondiale vero e proprio. Il cambio di rotta sembra inevitabile... a meno che l'Italia non ci stupisca tutti e vinca il titolo in Russia, ma abbiamo ancora negli occhi la partita con la Macedonia, dunque è meglio non fare voli pindarici.

Crediamo, al contrario, che sia arrivata la fase dei mea culpa, il momento di pensare ad un modo per risollevare le sorti dello sport più amato dagli italiani. Magari lo stesso di Spagna e Germania, le vincitrici delle ultime due edizioni della Coppa del Mondo e, pertanto, investendo più risorse sulla crescita dei giovani ed evitando di disperdere e 'bruciare' quei ragazzi che hanno la stoffa. Lasciarli crescere e maturare, tanto agonisticamente quanto mentalmente e responsabilizzarli, evitando saggiamente di trasformarli in star da reality show. Infondere loro consapevolezza della storia e della tradizione delle maglie che indossano e far comprendere che quella azzurra non è una maglia come le altre.

Non ci sono altre ricette per costruire campioni con la palla al piede e uomini fuori dal rettangolo verde e questo lavoro deve vedere coinvolti tutti: vertici federali, società calcistiche e stampa. Perché anche la stampa di settore ha la sua fetta di colpa in questo scenario negativo, quei giornalisti che sembrano aver perso ogni senso critico e che si sforzano di trovare giustificazioni anche per l'ingiustificabile, proseguendo a 'coccolare' giocatori presuntuosi e poveri di talento che finiscono per essere estremamente sopravvalutati. Eppure, in passato, nazionali italiane di ben altro spessore sono state messe alla gogna dalla stampa per molto meno e non c'era alcun timore di 'turbare psicologicamente' giovani che, alla fine, sono chiamati soltanto a fare il loro mestiere e sono pagati con stipendi milionari per svolgerlo al meglio.