Il giudice ha deciso: deve tornare in Senegal nonostante sia cresciuta in Italia da quando aveva 7 anni, dopo esserci arrivata con la famiglia (da cui ha subito abusi fisici) nel 1999. Lei protesta :"Non ho più nessun ricordo del Senegal. Lì ho solo un nonno anziano e una zia che non conosco". La ragazza, che ora ora rischia anche l'internamento in un CIE, ha vissuto in una comunità protetta per minori in difficoltà.

A casa il fratello la molestava e una volta le ha anche procurato un attacco di panico che ha necessitato il ricovero; a 14 anni svenne a scuola per via delle cinghiate ricevute dal padre e dallo stesso fratello mentre la madre la teneva ferma: "Siamo musulmani e mio padre è molto severo sulla cultura, in casa si parlava senagalese, si pregava molto, dice che l'educazione occidentale non va bene, un giorno avevo marinato la scuola e quando la mia famiglia lo venne a sapere mi portò in un seminterrato e lì mi picchiarono.

Il giorno dopo a scuola svenni e raccontai tutto a una psicologa".

Nonostante questo il giudice Ezna Sangianantoni ha ora stabilito che dovrà rimanere in casa loro agli arresti domiciliari, prima di lasciare il territorio nazionale entro 30 giorni. Tuttavia la ragazza lamenta di essere stata buttata fuori di casa dal padre, che in precedenza le avrebbe anche sottratto i documenti per impedirle di presentare in tempo domanda per essere messa in regola; e così adesso le è stato anche ritirato il passaporto che nel frattempo il suo avvocato era riuscito ad ottenere, per violazione dei domiciliari.

L'avvocato Raffaele Folino protesta: "È chiaro che la violazione dell'obbligo di dimora è avvenuta per ragioni facilmente comprensibili, spero che il giudice revochi il decreto di espulsione anche perché lei potrebbe iniziare a lavorare subito avendo già ottenuto una promessa di impiego".

Ma il giudice ha così motivato la sua decisione: "La ricorrente si trovava in Italia con visto di ricongiungimento familiare ma aveva interrotto la convivenza con i genitori e questi ultimi hanno confermato che la stessa non convive con loro"

L'avvocato ha sottolineato il fatto che la ventuduenne non ha in Senegal familiari su cui appoggiarsi essendo la sua famiglia tutta in Italia.

La giovane convive a Torino col suo fidanzato e ha ottenuto una promessa di assunzione da parte del suo ex datore di lavoro, il titolare di un bar, che si è impegnato a riassumerla quando lei avrà di nuovo i documenti in regola.  Tuttavia questo non ha convinto la questura, che le ha dato il foglio di via. Adesso l'ultima chance della ragazza è la speranza di ottenere un visto per ragioni umanitarie.