Non ci sarà nessuna "guerra nella guerra", almeno per il momento. Dalla tarda mattinata di oggi infatti è ufficiale la tregua ad Hasakafra le truppe regolari di Damasco e le milizie curde dell'Ygp, dopo i violenti scontri dei giorni scorsi caratterizzati anche da attacchi aerei da parte dell'aviazione siriana. Il "cessate il fuoco" è stato annunciato anche dalla TV di Stato di Damasco e, di fatto, l'intesa è stata favorita dalla mediazione di funzionari militari russi.

Hasaka rimane sotto il controllo curdo

Sull'account Twitter ufficiale delle Unità di difesa del popolo curdo si leggono toni trionfalistici.

L'Ygp infatti controlla almeno due terzi della città di Hasaka e l'esercito siriano avrebbe accettato di lasciare la città. Facile presupporre che, alla base della scelta di Bashar al-Assad, ci sia la necessità di concentrare il grosso del proprio esercito nella presa di Aleppo dove, secondo le ultime notizie, il governo russo sarebbe pronto alla famosa tregua di 48 ore in modo da permettere l'invio dei corridoi umanitari da parte delle Nazioni Unite.

L'intervento turco

La tregua, naturalmente, non è valida per la Turchia che. nella sua controffensiva contro l'Isis annunciata dal presidente Recep Erdogan, ha colpito anche alcune postazioni dell'Ygp. La nuova azione militare di Ankara è stata lanciata dopo il grave attentato a Gaziantep: nonostante non ci sia ancora una rivendicazione ufficiale, il governo ha puntato il dito contro l'Isis ed ha attaccato alcune postazioni del Califfato al confine tra Turchia e Siria.

Nel contempo sono stati sparati colpi di artiglieria contro le milizie dell'Ygp dislocate a Manbij, città recentemente liberata dal giogo dello Stato Islamico dopo l'assedio, durato oltre due mesi, del Fronte Democratico Siriano la cui maggioranza è costituita dai combattenti curdi. Erdogan teme più di ogni altra cosa che il sogno curdo, quello di costituire uno Stato indipendente nel nord della Siria, diventi realtà, anche perché ritieneche i successi dei curdi-siriani possano portare ad una insurrezione dei curdi di Turchia.

Ecco perché aveva guardato positivamente l'azione del regime di Assad contro i curdi: pur trattandosi di un altro nemico, nella visione di Ankara si era deciso di supportare il male considerato minore.

Tutti i rischi dell'azione di Ankara

Erdogan aveva provato a risolvere la questione in maniera diplomatica con la richiesta agli Stati Uniti di allontanare i combattenti curdi dalla regione e dare pieno controllo del Fronte Democratico Siriano alle fazioni arabe.

Difficile, almeno per il momento, che Washington acconsenta: i miliziani dell'Ygp sono necessari nella guerra all'Isis per tentare l'assalto a Raqqa. Ora l'azione dell'esercito turco sembra indirizzata ad aprire un corridoio nel nord della Siria a favore dei cosiddetti "ribelli moderati", i combattenti dell'Esercito siriano libero che stanno preparando un'offensiva per strappare la città di Jarablus all'Isis. Se ciò si trasforma in realtà, il rischio per la coalizione internazionale è quello di uno scontro aperto tra questa fazione, sostenuta dalla Turchia, ed i curdi. Insomma, verrebbe generato un caotico "tutti contro tutti" che alla fine potrebbe favorire una ripresa dello Stato Islamico, oggi in palese difficoltà.

Ecco perché, oggi più che mai, è necessario riaprire concretamente il tavolo delle trattative tra Washington e Mosca. Le due potenze sono impegnate in una sorta di duello strategico nel quale la Turchia recita un ruolo importante: gli Stati Uniti hanno tentato di non perdere un prezioso alleato mentre la Russia sta tentando di portare Erdogan dalla propria parte. Ma alla fine il "sultano" di Ankara gioca soltanto da una parte, la sua, ed azioni sconsiderate come quella che sta prendendo forma lo dimostrano ampiamente.