Punizioni e vessazioni a rotta di collo. E proprio al collo, evidentemente per espiare la 'colpa' d'essere un bambino, era stato costretto a portare un cartello con la scritta umiliante 'sono sporco'. Ma questa non era che una delle 'scelte' educative, tutte e sempre al'insegna dei maltrattamenti, che una coppia di genitori riservava al figlio adottivo. Ravvisato proprio il reato di maltrattamenti, il tribunale di Torino ieri ha condannato i genitori a un anno e 8 mesi di reclusione e al pagamento di una provvisionale di 20 mila euro.

Genitori adottivi, botte e umiliazioni quotidiane

E pensare che all'inizio di questa vicenda tutto lasciava ben sparare. Era una delle tante storie di un povero bambino ucraino strappato alla dura realtà di un orfanotrofio e destinato a una vita familiare sana, di amore puro, comprensione e belle emozioni condivise, grazie ai nuovi genitori adottivi. Ma il bambino ucraino, che all'epoca dei fatti aveva 9 anni mentre oggi ne ha 17, è passato dall'inferno dell'orfanotrofio a quello, assai peggiore, di una madre e padre acquisiti che sembrano incarnare rispettivamente la matrigna e il patrigno di certe favole noir.

Questi genitori adottivi che abitano in un paese della cintura torinese, lo sottoponevano a ogni vessazione: il bambino doveva lavorare, zappare l'orto fino a sera; veniva avvolto da fasce dal capo al mento per impedirgli di parlare quando non richiesto; era picchiato con la cinghia e il bastone; vestito in maniera inadeguata, con abiti grandi e non puliti; costretto a dover portare al collo il cartello mortificante con la scritta 'sono sporco'.

Oppure poteva capitargli di dover fare per castigo docce fredde, o che gli venissero infilate le sue mutandine in bocca come punizione per aver fatto la pipì a letto. Qualche tempo fa in Francia si è verificato un caso di analoga brutalità; ma con esito ancor più tragico: la morte del bambino costretto a correre di notte seminudo a temperature rigide, come punizione per essersi fatto la pipì a letto.

Il processo

Ad attivare un procedimento giudiziario, erano state all'epoca le maestre che si erano accorte che c'era qualcosa che non andava.

E dopo un lungo iter processuale, ieri il tribunale di Torino ha condannato la coppia a un anno e 8 mesi di reclusione per i maltrattamenti inflitti al figlio adottivo. Il pm Francesco Pelosi di anni di reclusione ne aveva chiesti quattro, evidenziando che non si è trattato di un singolo episodio ma di maltrattamenti continui.

"Avrebbero dovuto prendersi cura di lui e invece gli hanno fatto del male come mai nessuno in vita sua. Lo hanno distrutto. Poche volte in un aula di giustizia ci siamo trovati di fronte a maltrattamenti tanto brutti e tanto infami per la loro perseveranza", ha detto il pm.

Per la difesa, fallimento adottivo e non violenze in famiglia

Anna Ronfani che difende la coppia con il collega Valerio D'Atri, ha annunciato che impugnerà la sentenza non condividendone l'impostazione: "Questa è la storia di un fallimento adottivo, non di violenze in famiglia", ha sostenuto.

Dal canto loro, i genitori adottivi si sono sempre proclamati innocenti, ma i lividi sulla schiena lasciati da cinghia e bastone che le maestre dell'epoca segnalarono, hanno raccontato una realtà diversa.

In quanto al ragazzo che oggi a seguito di un provvedimento del tribunale dei minori di Torino vive in una comunità, ha tuttora lividi nell'anima, i più difficili da cancellare. Parte civile nel processo, per lui è stato importante sapere che il giudice gli abbia creduto. L'inizio della rinascita dopo tanta sofferenza.