L'eccidio della minoranza musulmana di etnia Rohinhya perpetrato dall'esercito birmano nello stato di Rakhine ha fatto il giro del mondo. Tanto da spingere lo stesso segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, a intervenire per invitare a un cambiamento di rotta riguardo a un fatto che lui stesso ha definito senza mezzi termini una autentica "catastrofe umanitaria." Parole che risalgono ai primi del mese di settembre, quando la comunità di minoranza musulmana nel nord-ovest del Myanmar è stata oggetto di rappresaglie e attacchi violenti da parte dell'esercito birmano.

Esodo dei Rohingya verso il Bangladesh

L'esodo della comunità di etnia rohingya si è intensificato nel settembre scorso, quando, per sedarne una ribellione nello stato di Rakhine, l'esercito birmano ha provocato 400 morti. La conseguenza immediata è stato l'isolamento della minoranza musulmana: l'area è stata interdetta ai giornalisti e alle organizzazioni umanitarie per prevenire ogni aiuto ai ribelli. I circa 120mila esuli così sorti sono rimasti senza cibo, acqua, né assistenza nei campi di accoglienza.

Aung San Suu Kyi risponde alle accuse di debolezza politica

La leader dei diritti umani, aung san suu kyi, attuale consigliere di Stato e ministro degli Affari Esteri in Birmania, è stata oggetto di forti critiche per come ha gestito la causa della minoranza Rohingya.

La leader birmana, premio Nobel per la pace nel 1991, ha rispedito al mittente le accuse di debolezza mossegli dalla Comunità Internazionale. Il fatto che la comunità rohingya, di fatto priva di cittadinanza tanto nello stato birmano che in quello bengalese, sia oggetto di attacchi da parte del regime birmano - ha detto la Suu Kyi - non è il reale problema.

Problemi di convivenza con questa minoranza esistono, ha aggiunto, ma non si può parlare di "pulizia etnica." Osservando come "questo tipo di informazioni false è semplicemente la punta di un iceberg di una campagna di disinformazione costruita ad arte per creare problemi tra i paesi, con l'obiettivo di promuovere gli interessi dei terroristi".

Piano di difesa dei Rohingya annunciato da Suu Kyi

Risale a giovedì 12 ottobre l'annuncio del piano in difesa della comunità musulmana del Myanmar: San Suu Kyi lo ha proposto alla tv di stato e rappresenta un primo passo per riparare alla crisi umanitaria che ha causato l'esodo dei Rohingya verso il Bangladesh. Il piano prevede la creazione di un'organizzazione non militare che aiuti la minoranza a ritornare nello stato di Rakhine. Dall'agosto scorso, infatti, sembra che siano 536mila gli sfollati in Bangladesh, che si sarebbero aggiunti ai 200mila già presenti.

Fallimento della politica di riconciliazione di Suu Kyi in Birmania

La fine dell'embargo in Birmania annunciato 5 anni fa da Barack Obama non è stato preludio alla fine del regime.

La Birmania continua a restare incatenata nella sua rigida costituzione militare, dove la stessa leader democratica Suu Kyi con difficoltà può produrre dei cambiamenti significativi. Una politica di riconciliazione e del perdono di cui lei stessa parlava al nascere della nuova Birmania, restano ancora un sogno irrealizzabile e semmai tradito nei fatti allo stato attuale delle cose.