Un caso del genere non si dimentica, non si può dimenticare. D'ora in poi, chiunque passerà sul viadotto Alento, al chilometro 390 della A14, all'altezza di Francavilla (Abruzzo), non potrà fare a meno di pensare con orrore e sconcerto allo sconosciuto che, in una domenica di maggio, in quel punto ha scavalcato la recinzione per lanciare nel vuoto una ragazzina, uccidendola, suicidandosi sette ore dopo allo stesso modo.

Era un manager in carriera Fausto Filippone, 49 anni: una laurea in economia aziendale, nell'azienda di abbigliamento in cui lavorava era molto stimato, tant'è che da poco aveva ricevuto una promozione.

Tuttavia, pare che a casa le cose non andassero allo stesso modo. Probabilmente c'erano delle gravi lacerazioni, altrimenti non si spiega la lucida, quanto caparbia follia che si è scatenata ieri, e a seguito della quale un'intera famiglia è scomparsa.

La moglie, Marina Angrilli, 52 anni, era morta nella mattinata "cadendo" da un balcone a Chieti. Gli inquirenti sospettano che la donna possa essere stata spinta proprio dal marito che, verso le 13, ha lanciato nel vuoto la figlia della compagna dal viadotto, e dopo una lunghissima trattativa si è a sua volta lasciato cadere.

Orrori in successione

Un volo di 40 metri dal viadotto autostradale di Francavilla, nel tratto compreso tra i caselli di Pescara Ovest-Chieti e Pescara Sud-Francavilla.

È morto così Fausto Filippone, dopo sette inutili ore di trattative trascorse tra minacce, recriminazioni, richieste di perdono e ancora minacce. "Andate via, non avvicinatevi, altrimenti mi butto", avrebbe gridato, afferrando con le mani la rete di protezione del viadotto, i piedi a stento sul bordo della struttura, il traffico deviato e le forze dell'ordine mobilitate.

Il dirigente della Brioni di Penne non voleva che i soccorritori si avvicinassero al corpo di Ludovica, la ragazzina di 12 anni, figlia della compagna nata da una precedente relazione: Filippone l'aveva gettata nel vuoto come una cosa di cui disfarsi. Una bambina la cui unica "colpa" è stata quella di avere avuto un patrigno che si è tramutato in assassino.

Non voleva neanche che la coprissero con un lenzuolo.

Per ore il 49enne avrebbe anche urlato "chiedo perdono a tutti": parole sentite dai suoi familiari, a cominciare dalla madre e dalla sorella, che sotto shock erano sul posto, cercando di stabilire un contatto con lui. Non ha dato neanche il tempo ai vigili del fuoco di gonfiare il telone con cui tentare di salvarlo. Anzi, proprio mentre lo stavano allestendo, si è lanciato come a voler ribadire il suo intento. L'orribile sequenza di una domenica di follia è cominciata quando la moglie di Filippone, Maria Angrilli, 52 anni, insegnante di materie letterarie al liceo scientifico "Leonardo da Vinci" di Pescara, dove la coppia risiedeva, è "volata" giù da un balcone di una palazzina di Chieti scalo che, solitamente, affittavano a studenti universitari.

La donna è morta poco dopo in ospedale.

Le indagini

Con il passare delle ore, gli inquirenti, a cominciare dal sostituto procuratore di Chieti, Lucia Campo, che ha coordinato le operazioni, hanno iniziato a chiarire uno scenario confuso, mettendo insieme i tasselli di un puzzle non ancora ricomposto. Nella cronologia degli eventi è accaduto che, mentre l'uomo in un pomeriggio sconvolgente minacciava di buttarsi, ma ancora c'erano trattative in corso, si era diffusa la notizia che nella mattinata era morta una donna dopo un misterioso "volo" dal quarto piano di un palazzo.

Da lì si era scoperto che era la compagna di Filipponi, e che all'ospedale di Chieti lui aveva lasciato false generalità agli operatori del 118, per poi dileguarsi.

Il sospetto che l'uomo abbia commesso un duplice femminicidio prima di uccidersi, rischia di tramutarsi in certezza. Resta da appurare quali siano state le motivazioni profonde che abbiano scatenato questo scempio. Ma anche una volta appurate, non potranno essere mai comprese.