Tupac Shakur è morto a Las Vegas il 13 settembre del 1996 dopo qualche giorno di agonia in ospedale, dove era stato portato dopo essere stato raggiunto da diversi colpi di arma da fuoco, esplosi da un'auto che lo aveva affiancato mentre si trovava a sua volta all'interno di un'altra autovettura. Seduto affianco al rapper nel momento della sparatoria c'era Suge Knight, proprietario dell'etichetta con cui l'artista era sotto contratto, la Death Row Records.

Nelle ultime ore sono state diffuse numerose rivelazioni relative proprio al ruolo di quest'ultimo controverso personaggio che, stando a quanto dichiarato dal Detective Kading – ex poliziotto e investigatore che seguì per primo il caso di Tupac, autore anche di un libro al riguardo – avrebbe depistato le indagini per perseguire un tornaconto personale, ovvero evitare il carcere.

Le confessioni dello zio dell'assassino di Tupac Shakur

In un recente documentario sono emerse alcune verità inedite relative all'omicidio di Tupac Shakur. A svelarle al mondo è stato Duane Keith Davis, conosciuto anche come Keffe D, membro di una gang di Compton, che ha dichiarato di essere lo zio dell'assassino, il defunto Orlando 'Baby Lane' Anderson. Stando alle dichiarazioni di Davis – che coincidono con quanto il detective Kading va dicendo ormai da anni, nonostante non abbia più un ruolo nella Polizia americana – Anderson avrebbe esploso i colpi mortali mentre si trovava all'interno di un'automobile con altre tre persone – incluso lo stesso Davis – per vendicarsi dei calci e dei pugni ricevuti da Tupac in una baruffa di qualche ora prima.

Davis ha inoltre riferito di aver avuto uno scambio di sguardi con Knight nel momento esatto dell'omicidio; questo dettaglio ha suscitato le perplessità del Detective Kading, relativamente al comportamento dello stesso Knight in qualità di testimone durante le indagini di venti anni fa. Il manager della Death Row, infatti, avrebbe dovuto riconoscere il volto di Davis, che si conoscevano sin da quando erano bambini, essendo cresciuti nello stesso quartiere popolare di Compton, ma si rifiutò di dare questa informazione alla polizia.

Kading ha spiegato che, se Knight avesse invece fornito una minima collaborazione, semplicemente citando la presenza di Davis, sarebbe stato estremamente facile per la polizia arrivare all'assassino di Tupac, ovvero Anderson, che era stato inserito tra i sospetti sin da subito, dato che alla sopracitata rissa avevano assistito numerosi testimoni.

Secondo Kading Suge Knight dichiarò il falso e fece delle omissioni per evitare il carcere

Per quale motivo Suge Knight scelse di non collaborare con la polizia? Secondo Kading, contrariamente a quello che pensano in molti, la preoccupazione principale del boss di quella che all'epoca era la più importante etichetta discografica della West Coast non era tanto quella di rispettare il più classico dei codici della strada – che comunque rispettò – che impone ai membri delle gang di non fornire in nessun caso informazioni alla polizia.

Secondo Kading infatti Knight avrebbe avuto ben altri motivi per depistare le indagini, cosa che fece non solo per mezzo delle sopracitate omissioni, ma anche e soprattutto dichiarando il falso in sede legale.

Sempre stando al resoconto di Kading, subito dopo la morte di Tupac la preoccupazione principale del capo della Death Row Records non era tanto quella di fare giustizia, quanto cercare di rimanere in libertà. Knight infatti, subito dopo l'omicidio, era stato accusato di aver violato le condizioni della libertà vigilata – che gli era stata imposta in seguito a precedenti reati – prendendo parte al pestaggio di Anderson, avvenuto qualche ora prima dell'omicidio di Tupac.

Nel caso in cui le accuse fossero state confermate, il manager sarebbe dovuto finire dietro le sbarre e non avrebbe avuto modo di mandare avanti la sua etichetta, già significativamente indebolita dalla scomparsa di uno degli artisti più rappresentativi.

Per questo motivò Knight sarebbe arrivato addirittura a pagare Anderson – ovvero l'uomo che uccise Tupac e ferì di striscio lo stesso Knight – per farlo testimoniare a suo favore nel suo processo. Cosa che Anderson fece, dichiarando davanti alla corte di non essere mai stato picchiato da Tupac e Suge Knight.

Purtroppo per quest'ultimo, però, il giudice non credette a questa versione e condannò Knight a 7 anni, accollandogli anche il reato di falsa testimonianza, decretando di fatto l'inizio della fine per la Death Row Records, che sarebbe lentamente crollata a picco nel corso degli anni successivi.

Questo tentativo disperato di rimanere in libertà, rappresenterebbe secondo Kading – e secondo quella che è ormai l'opinione comune dei tanti che si sono appassionati alla vicenda nel corso degli anni – il motivo principale che avrebbe spinto Suge Knight a depistare le indagini, concedendo all'assassino di Tupac di rimanere in libertà, almeno fino al giorno della sua morte, avvenuta nel 1998.