E' stato recentemente ritrovato in una biblioteca di Londra il documento originale in cui Galileo Galilei spiegava all'amico Benedetto Castelli, matematico dell'Università di Pisa, la sua tesi eliocentrica. L'autore del ritrovamento è un italiano, precisamente il ricercatore dell’Università di Bergamo Salvatore Ricciardo.

Nella lettera, in cui lo scienziato espone le proprie teorie sul movimento della Terra intorno al Sole, si vedono evidenti correzioni apportate successivamente per sottrarsi alla censura dell'Inquisizione.

Lo scritto era da almeno 250 anni nella biblioteca londinese, ma finora era sfuggito all'attenzione degli studiosi. Fino al 2 agosto scorso quando Salvatore Ricciardo ha scoperto la lettera sfogliando il catalogo online.

E pensare che il ricercatore italiano era lì, come si legge sulla rivista Nature, per uno scopo diverso: "Non posso credere di aver ritrovato la lettera che praticamente tutti gli studiosi di Galileo pensavano essere andata irrimediabilmente persa", racconta Ricciardo al Nature. "Sembrava ancora più incredibile perché la lettera non era in una biblioteca sperduta, ma nella Royal Society Library", continua il ricercatore.

Il ritrovamento del documento aggiunge nuovi dettagli alle vicende che costarono a Galileo Galilei un processo per eresia e un’abiura forzata, ovvero la pubblica ritrattazione delle sue teorie nel 1633.

'Eppur si muove'

Tutto nasce il 13 dicembre 1613, quando Benedetto Castelli, amico e discepolo di Galileo Galilei viene convocato alla Corte Medicea riunita a Pisa.

A seguito dei dubbi sull'ortodossia delle teorie di Galileo, Castelli cercò di fugare le ansie di Cosimo II e della consorte, la granduchessa madre Cristina di Lorena. Rendendosi conto però della gravità della situazione, avvisò subito il suo maestro. Galileo rispose con la lettera che è stata ora ritrovata. Due anni più tardi rimandò a Castelli una versione del documento ammorbidita per evitare la Santa Inquisizione.

Nella prima versione del documento si legge la tesi, poi rinnegata, secondo la quale è la Terra a muoversi intorno al Sole, in chiara opposizione alla dottrina della Chiesa che considerava la Terra immobile. Galileo esprimeva per la prima volta la tesi secondo cui la ricerca scientifica doveva essere libera da ogni dottrina teologica. Sosteneva che i riferimenti limitati nella Bibbia agli eventi astronomici non dovevano essere presi alla lettera, perché gli scribi avevano semplificato queste descrizioni in modo che potessero essere capite dal popolo. Affermava poi che il modello eliocentrico con la terra in orbita attorno al sole, proposto dall'astronomo polacco Copernico settant'anni prima, non era in realtà incompatibile con la Bibbia.

La lettera a Castelli fu dirompente. Delle due versioni conosciute di questa lettera, una è chiusa nell'Archivio Segreto Vaticano. Questa versione fu inviata all'Inquisizione a Roma il 7 febbraio 1615, da un frate domenicano di nome Niccolò Lorini.

Il 16 febbraio 1615 Galileo scrisse al suo amico Piero Dini, un prelato di Roma, lamentandosi che la versione che Lorini aveva inviato all'Inquisizione potesse essere stata falsificata. Galileo allegò la versione addolcita del documento iniziale mandato a Castelli, sostenendo che quella fosse la versione corretta, e chiese a Dini di farla avere ai teologi Vaticani.

Poiché la lettera originale si credeva persa, non era chiaro se la Chiesa ne avesse effettivamente falsificato il contenuto nel tentativo di stroncare come eretiche le nuove tesi o se lo stesso Galileo avesse prima scritto la versione "eretica", e successivamente optato per una versione "soft".

A quanto pare Galileo corresse il tiro

Il documento ritrovato è pieno di correzioni attribuite allo scienziato tramite l'analisi della calligrafia. Sotto le correzioni, la copia firmata trovata da Ricciardo mostra il testo originale di Galileo ed è lo stesso della "copia Lorini".

La lettera di sette pagine, scritta all'amico Castelli il 21 dicembre 1613, firmata "G.G.", fornisce la prova evidente che, all'inizio della sua battaglia con le autorità religiose, Galileo si preoccupò di non incorrere nella censura dell'Inquisizione e che cercò per questo di diffondere una versione attenuata delle sue teorie.

Allo studio del testo hanno collaborato Franco Giudice, collega di università di Ricciardo, e Michele Camerota, dell’Università di Cagliari.