"Sono innocente, non ho appiccato l'incendio". Accusato di omicidio volontario aggravato per il rogo nella casa di famiglia a Sabbioneta in provincia di Mantova in cui ha perso la vita il figlio Marco di 11 anni, Gianfranco Zani nega tutto.

Interrogato ieri nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Cremona dove è ricoverato, l'artigiano con precedenti per rapina, lesioni e uso di droga, già indiziato per maltrattamenti in famiglia, si dichiara innocente. Sostiene di non aver provocato l'incendio avvenuto giovedì scorso nel villino situato nella frazione di Sabbioneta, per colpire la moglie e i figli che lo avevano allontanato perché violento.

Zani, dalle intenzioni suicide alle dichiarazioni d'innocenza

Aveva manifestato intenzioni suicide giovedì scorso, quando è stato catturato dopo i tragici fatti e portato nel carcere di Cremona. Per questo era stato trasferito nel reparto psichiatrico dell'ospedale cittadino. Da lì, ora Zani si proclama innocente. "Ho solo speronato l'auto di mia moglie, non sono entrato in casa e non ho appiccato l'incendio".

Ieri davanti al gip di Cremona, Elisa Mombelli, assistito dai suoi avvocati Fabrizio Vappina e Monica Tona, che aveva seguito la pratica di separazione tuttora in corso tra Zani e la moglie Silvia Fojtikova di origine slovacca, ha negato ogni addebito. L'unica cosa che ha ammesso è di aver seguito sua moglie e averla speronata col suo furgone.

Se giovedì si trovava vicino alla villetta (da cui, su disposizione del giudice, avrebbe dovuto tenersi a distanza di cento metri), era perché voleva sorvegliare la donna. Ma il gip che l'ha interrogato in una stanza di sicurezza del reparto dei servizi psichiatrici dell'ospedale Maggiore di Cremona, non gli ha creduto e nel pomeriggio ha convalidato il fermo disponendo la custodia in ospedale.

Sabbioneta, sopralluogo dei Ris in cerca di prove

Da ieri gli esperti dei Ris di Parma sono tornati nella casa di Sabbioneta per fare accertamenti irripetibili che potrebbero diventare prove schiaccianti contro Zani. Con loro sono al lavoro gli esperti della Scientifica e i vigili del fuoco del nucleo investigativo di Milano che per primi sono intervenuti.

Decisivo l'accertamento delle condizioni della serratura della porta della cameretta in cui si trovava Marco. Il sospetto terribile è che l'uomo abbia deliberatamente chiuso a chiave dall'esterno la camera del figlio, trovato esanime dai vigili del fuoco, i cui funerali si svolgeranno domani. Il padre gli avrebbe deliberatamente impedito l'unica via di fuga. Gli esperti hanno fatto accertamenti anche nel furgone di Zani alla ricerca di tracce di fuliggine.

Zani, marito e padre violento

Dall'estate, Silvia Fojtikova e i tre figli Alex, di 17 anni, Marco di 11 e Fabio di 4 anni, avevano cominciato ad avere seriamente paura di quell'uomo, marito e padre che aveva avuto comportamenti violenti fino a mandare tutta la famiglia all'ospedale, al punto da causarne l'allontanamento per vie legali.

Dopo essersi rivolta a un avvocato, Silvia aveva sporto quattro denunce alla stazione dei carabinieri di Sabbioneta, che in un caso avevano sequestrato nell'abitazione teatro della tragedia un macete e una balestra già armata. Si erano attivati i servizi sociali e la donna con i tre figli era stata portata in una comunità protetta in un luogo segreto.

Ma poi Silvia, per tornare alla normalità e permettere a Marco di frequentare la prima media, era voluta tornare a casa. Maria Delmiglio, avvocato della donna ora ricoverata in ospedale con i figli superstiti, a tragedia accaduta dice che il rammarico è di non aver ottenuto come richiesto, la possibilità di sostituire le serrature di casa.

"Forse avremmo salvato il figlio, ma non lo possiamo sapere.

Questa persona era molto violenta e voleva farla pagare alla moglie e ai figli che si erano schierati con lei", ha detto Delmiglio. Gli inquirenti hanno raccolto testimonianze importanti sull'astio del padre anche verso i figli 'colpevoli' di difendere la madre, specie il piccolo Marco che ora non c'è più.