Un afgano 30enne, residente in Italia, aggrediva la figlioletta di un anno perché 'colpevole' di essere femmina. Lui desiderava un maschio. Non finisce qui: lo straniero aggrediva barbaramente anche la moglie, prendendola a pugni e calci e percuotendola con un cavo del caricabatterie e una cinghia. Un orco in piena regola che, tra l'altro, aveva segregato in casa la compagna. Questa, 22 anni, in Pakistan insegnava. Come se non bastasse, il 30enne minacciava la moglie di non dire nulla a nessuno, tantomeno alla Polizia, altrimenti l'avrebbe uccisa o lanciata dal balcone.

Secondo quanto ha riportato il Giorno, l'uomo avrebbe ferito diverse volte la donna con un coltello.

L'incubo dopo l'arrivo in Italia

Violenze continue tra le mura domestiche, violenze sotto gli occhi di una bimba di appena un anno, anche lei percossa da un padre orco, un padre che sognava un figlio maschio. Per questo, nelle ultime ore, il gup di Milano Guido Salvini ha emesso la condanna a 3 anni e 8 mesi di reclusione, con rito abbreviato, per lo straniero. L'accusa è lesioni, maltrattamenti e violenza sessuale. Ilaria Scaccabarozzi, avvocato che difende la donna, ha affermato che la sua assistita e la figlia hanno iniziato a vivere un incubo dopo l'arrivo in Italia. Violenze continue, andate avanti fino allo scorso giugno, quando la ventenne si è fatta coraggio ed ha confessato gli abusi subiti a una conoscente.

Grazie a quest'ultima, la straniera è riuscita a contattare il centro antiviolenze della clinica Mangiagalli e a sporgere denuncia. L'afgano, secondo quanto riportato dal Corriere, è stato condannato pure per sequestro di persona poiché chiudeva a chiave la partner, impedendole di fatto di uscire.

Espulsione dall'Italia una volta scontata la pena

Il gup Salvini ha anche obbligato l'afgano a risarcire la moglie con 20mila euro. Una volta scontata la pena, l'uomo verrà espulso dall'Italia. Attualmente la vittima delle violenze e la figlia si trovano in una struttura protetta. L'avvocato Scaccabarozzi ha dichiarato che lo scopo è favorire l'inserimento della donna in Italia, aiutandola a trovare un impiego.

Madre e figlia, tra l'altro, non posso ritornare in Patria perché non troverebbero il sostegno dei loro cari. Negli ultimi mesi, i familiari si sono letteralmente disinteressati di lei. La legale ha anche sottolineato che, se la sua assistita e la figlia dovessero ritornare nella loro nazione, correrebbero seri rischi. Una cosa è certa: per madre e figlia sono terminate le violenze, i soprusi e le minacce.