Quello della legittima difesa è un tema, com'è noto, molto caro all'attuale governo. Matteo Salvini e la Lega, all'interno delle loro battaglie, hanno combattuto quella per depenalizzare quanti scelgono di difendersi autonomamente qualora qualcuno si introduca nelle loro abitazioni o nelle proprie attività commerciali. Più volte il ministro dell'Interno, ad esempio, si è schierato con quegli imprenditori che vengono processati per aver recato danno a malviventi rei di aver violato la propria proprietà. Ed in questo senso diventa motivo di dibattito quanto avvenuto a Brescia, dove cinque anni fa un ladro albanese cadde sotto i colpi di pistola di Mirko Franzoni.

Quest'ultimo è stato condannato nelle ultime ore per aver preso la mira, almeno stando a quanto trapelato relativamente alle motivazioni addotte nelle carte processuali della sentenza.

Il riassunto del fatto

Sono passati esattamente cinque anni da quel 14 dicembre 2013. Il fatto ha avuto luogo a Serle, in provincia di Brescia, e vide coinvolto Mirko Franzoni. L'uomo aveva sparato e ucciso un ladro che si era introdotto nella casa di suo fratello. Il diretto interessato ha sempre difeso con forza la propria posizione, secondo cui il gesto sarebbe dipeso dalla necessità di difendersi. Non è riuscito, però, a quanto pare a far valere la tesi di fronte ai giudici che hanno scelto di non avvalorare l'idea che potesse essersi trattata di "legittima difesa".

La prima condanna per "omicidio volontario" è stata, infatti, confermata dai giudici della Corte d'assise d'appello. Il particolare che, secondo chi ha deciso, renderebbe dolosa la posizione di Franzoni sarebbe rappresentato dalle modalità con cui sono stati sparati colpi d'arma da fuoco. Secondo quelle che sono le motivazioni riportate da diversi organi di stampa, tra cui Tgcom.it, avrebbe utilizzato l'arma ad altezza della spalla.

Questo rappresenterebbe la dimostrazione che Franzoni, condannato a nove anni e quettro mesi di carcere, si sarebbe posto nella posizione di chi intende mirare al bersaglio.

Il paese sta con Franzoni

A quanto pare Franzoni avrebbe inseguito la persona deceduta nel frattempo per le strade di Serle. La verità processuale, dunque, smonta quella che era stata la ricostruzione fatta dalla difesa dell'imputato. Il trentanovenne, però, gode del supporto di tutto il paese che si è schierato interamente della sua parte, ritenendo la condanna fortemente ingiusta per quella che è stata l'evoluzione dei fatti.