In attesa che il Consiglio superiore della magistratura decida, da martedì Nino di Matteo, il Pubblico ministero più temuto dalla mafia, tornerà alla Direzione nazionale antimafia, dopo la sua estromissione dal pool sulle stragi irrisolte, a causa di un’intervista. La decisione di estromettere Di Matteo è stata presa dal procuratore antimafia Federico Cafiero de Raho, secondo il quale il pm, durante un’intervista andata in onda su La7 nella puntata del 20 maggio di Atlantide, avrebbe anticipato importanti notizie in merito ad un’indagine in corso svolta dal pool sulla strage di Capaci.

Il provvedimento di estromissione del pm dal pool antimafia

In base a quanto disposto dal procuratore antimafia, il provvedimento sarà immediatamente esecutivo. L’accusa di Cafiero de Raho nei confronti di Di Matteo è quella di aver interrotto il rapporto di fiducia creatosi nel pool, attualmente impegnato nelle indagini sulle passate stragi di mafia. Nonostante l’accusa sia quella di aver svelato segreti elementi inerenti alla strage di Capaci, è stato fatto notare al procuratore che il pm non ha in realtà svelato nulla che, nel corso degli anni, non sia già precedentemente emerso. La comunicazione assunta da Cafiero de Raho è stata inoltrata al Consiglio Superiore della Magistratura ma il fascicolo non risulta essere ancora stato incardinato nella commissione competente.

L’intervista che è costata cara a Di Matteo

Sono bastati quarantadue minuti di intervista ad estromettere dal pool il pm della Trattativa Stato-mafia, da decenni sotto scorta, minacciato di morte persino da Riina. Il magistrato, in prossimità dell'anniversario della morte di Giovanni Falcone, è stato chiamato a rispondere alle domande formulate del giornalista Andrea Purgatori nella puntata di Atlantide e relative alla Strage di Capaci.

Di Matteo ha, come da tempo ipotizzato, evidenziato la possibilità che vi sia stata una probabile partecipazione di entità esterne alla strage attuata da Cosa Nostra. Secondo il pm, questi sospetti potrebbero essere confermati da alcuni indizi, tra cui il ritrovamento di un biglietto scritto da un agente dei servizi segreti e di un guanto con Dna femminile ritrovati accanto al luogo dell’esplosione, e la scomparsa del diario di Giovanni Falcone da un computer del ministro della Giustizia.

Nino di Matteo: il pubblico ministero sotto scorta dal 1993

Nino di Matteo è una delle più importanti figure di lotta alla mafia viventi: fin dai primi anni di carriera, a fine anni ‘90, ha iniziato ad indagare sulle stragi di mafia in cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino persero la vita, diventando uno dei nemici più temuti dalla mafia. Per la sua sete di giustizia e la sua incessante attività antimafia, Nino di Matteo vive sotto scorta dal 1993, tutela intensificata con gli anni ed accentuata a partire dalle indagini, conclusesi con il processo, relative alla trattativa Stato-mafia, che il pm ha istruito e portato avanti senza sottostare alle minacce di morte, giunte persino da Totò Riina durante gli ultimi anni in carcere.