Sul sito del celebre marchio con 35 anni di storia alle spalle, c'è ancora scritto: "Semplificazione, trasparenza e affidabilità sono i valori che ci guidano nella relazione con i nostri collaboratori, i nostri fornitori e i nostri clienti. Perché al centro ci sono le persone, sempre". Le cose, però, almeno in questo apparente finale di partita, sono andate diversamente: molti dei 1800 dipendenti di Mercato Uno, nota catena di negozi di mobili e oggetti per la casa, hanno scoperto di essere stati licenziati tramite uno 'short message' arrivato su Whatsapp e trovato la conferma del fallimento dell'azienda consultando Facebook.

Questo è il primo caso, almeno nella storia del lavoro in Italia, di un licenziamento in massa via social. A far precipitare una situazione già ad alta criticità, la decisione del Tribunale di Milano dopo che la nuova proprietà, la Shernon Holding, ha accumlato in soli nove mesi di gestione 90 milioni di perdite. In attesa di comunicazioni ufficiali, per i lavoratori al danno del licenziamento si è unita la 'beffa' di scoprirlo sulla piazza virtuale, un fenomeno dei nostri giorni.

1800 lavoratori licenziati, la scoperta via social

In molti l'hanno appreso nella notte tra venerdì e sabato quando su Whatsapp hanno ricevuto la notizia che giovedì scorso il Tribunale di Milano aveva dichiarato il fallimento della Shernon Holding, la nuova proprietà di Mercatone Uno controllata da una società maltese e guidata da un ex fornitore, Valdero Rigoni, che lo scorso agosto ha acquisito marchio, punti vendita e magazzino.

Altri lavoratori, l'hanno capito ieri mattina quando andando a lavorare, hanno trovato i negozi chiusi.

La situazione di grande incertezza andava avanti da mesi: merce che scarseggiava nei magazzini malgrado i mobili fossero stati prenotati dai clienti spesso con un acconto del 50% sull'importo totale, ordini evasi con lentezza e consegne fatte con gravi ritardi.

La sentenza di fallimento del Tribunale di Milano, arriva come provvedimento improcrastinabile dopo nove mesi di una gestione che ha comportato 90 milioni di perdite, e con la società che già un paio di mesi fa aveva fatto domanda di ammissione a un concordato preventivo per gestire i debiti. I creditori, soprattutto fornitori di arredi, si sono costituiti in un'associazione e si dicono pronti a diventare soci di Mercatone Uno per consentirne il salvataggio.

I sindacati, sul piede di guerra hanno organizzato in tutta fretta presidi e sit in nei 55 punti venditi sparsi in Italia ai quali, oltre ai lavoratori, partecipano clienti che attendevano la consegna della merce.

Il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio ha anticipato a domani il tavolo di crisi con i sindacati, già fissato per il 30 maggio, mentre l'altro vicepremier, Matteo Salvini, ha detto che si impegnerà personalmente nel caso, subito oggetto di scontro tra Pd e M5S. I Cinque Stelle accusano l'ex ministro Carlo Calenda di aver avviatola l'incauta cessione della società alla Shernon. Calenda rispedisce le accuse al mittente perché dice che la vendita è stata perfezionata da Di Maio.

Mercatone Uno, il sogno di un Ikea tricolore

'Venite all'universo del risparmio', recitava lo slogan per molti anni vincente del supermarket del mobile e degli elettrodomestici che negli anni '80 sembrava destinato a un glorioso futuro. Tutto era nato dall'intuizione del suo fondatore, l'imprenditore emiliano Romano Cenni . Da proprietario di un'azienda di televisori, Cenni alla fine degli anni '70 si allargò alla vendita dei mobili fino a creare un vero e proprio ipermercato che dall'Emilia riuscì a conquistare l'Italia creando filiali da Nord a Sud, fino a diventare un colosso con 6 mila dipendenti. L'azienda sponsor di Marco Pantani, ciclista romagnolo dal tragico destino, e della sua squadra, come del Bologna calcio, sarebbe dovuta essere, nelle intenzioni del fondatore, l'Ikea in versione tricolore.

Invece è naufragata per mancanza di una dirigenza in grado di gestirla, debiti, e incapacità di sostenere la concorrenza, quella dell'Ikea vera e di altri competitor.

Dal 2010,sempre peggio per gravi concause: la recessione, un indebitamento fino a 450 milioni di euro, la malattia del fondatore fino alla morte nel 2017, tra indagini e vicende giudiziarie, compresa un'accusa di bancarotta fraudolenta. Gli ultimi sette anni, infine, sono stati caratterizzati da contratti di solidarietà, cassa integrazione per circa 3mila dipendenti, gestione in amministrazione straordinaria, fino alla decisione dei tre commissari nominati nel 2015 dal ministero dello Sviluppo di affidarsi alla Shernon Holding. Una società, a detta di sindacati e lavoratori, mancante di una strategia e sulla quale il ministerio dello Sviluppo economico e del Lavoro non avrebbe esercitato la dovuta vigilanza.