C'è una svolta nell'inchiesta sulla morte del giudice Paolo Borsellino, avvenuta il 19 luglio del 1992 in seguito ad un attentato di stampo terroristico-mafioso. Come si ricorderà, nei pressi del palazzo dove abitavano Maria Pia Lepanto e Rita Borsellino (rispettivamente madre e sorella del giudice) vennero piazzati ben 90 chilogrammi di esplosivo. Erano le 16:58 di domenica quando, improvvisamente, un tremendo boato scosse tutta la zona: morirono sei persone, il giudice e cinque agenti della scorta.

L'unico sopravvissuto all'attentato fu l'agente Antonino Vullo, che si risvegliò dopo alcuni giorni in ospedale gravemente ferito.

Fu una vera e propria strage, identica a quella che poco più di un mese prima aveva ucciso il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e altri agenti della scorta sull'autostrada nei pressi di Capaci.

Le indagini su questi drammatici eventi che hanno segnato irrimediabilmente il nostro Paese continuano ancora al giorno d'oggi, e proprio sulla strage di via D'Amelio nelle ultime ore pare sia arrivata una svolta: infatti sarebbero finiti sotto inchiesta gli ex pm che all'epoca dei fatti si occuparono delle indagini. Si tratta di Annamaria Palma e Carmelo Petralia.

Indagati per depistaggio

Secondo quanto riportato dall'Ansa e da gran parte della stampa nazionale, i due magistrati sarebbero indagati per aver depistato le indagini sulla strage.

In quel periodo, al termine del processo Borsellino quater, vennero condannate ben sette persone che, però, pare fossero innocenti. Infatti gli inquirenti ritengono che i due ex pm avrebbero "costruito a tavolino" tre falsi pentiti, tra cui Vincenzo Scarantino, i quali avrebbero fatto i nomi di persone che, in realtà, non c'entravano nulla con il massacro.

Nel registro degli indagati sono già stati iscritti tre poliziotti, attualmente sotto processo a Caltanissetta. L'indagine attuale è coordinata dal procuratore capo di Messina, Maurizio De Lucia. Sono gravissime le accuse nei confronti degli ex magistrati che lavorarono nel pool che indagò sulla strage di via D'Amelio: le ipotesi di reato a loro contestate sono, infatti, concorso in calunnia con l'aggravante di aver favorito Cosa Nostra (sodalizio mafioso ritenuto responsabile dell'attentato) da cui sarebbero scaturite condanne a più di 20 anni di carcere nei confronti di persone che sarebbero estranee ai fatti.

Adesso accertamenti tecnici irripetibili

Stamane ai due magistrati è stato notificato un avviso di accertamenti tecnici irripetibili che si dovrebbero basare sull'ascolto di alcune audiocassette, come riporta TgCom24. Queste cassette, infatti, conterrebbero le conversazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato minacciato anche con la forza dal pool di poliziotti che indagava sulla strage: l'uomo avrebbe dovuto mentire in merito alla fase esecutiva dell'attentato.

In quegli anni, il capo della Mobile palermitana era Arnaldo La Barbera, oggi deceduto. Sicuramente nelle prossime settimane si potranno conoscere ulteriori dettagli su questa inchiesta.