Dopo il terribile raid di Tajoura, il governo libico del premier Fayez Al Sarraj potrebbe rilasciare tutti i migranti rinchiusi nei centri di detenzione. "La loro sicurezza - ha spiegato il ministro dell'Interno Fathi Bashagha - non può essere più garantita". La notizia è stata riportata nelle scorse ore da un portale vicino alle autorità della Capitale, The Libya Observer. Potrebbero, quindi, essere liberate circa 7.000 persone.

Il rilascio dei migranti

All'indomani della strage di migranti detenuti nel campo di di Tajoura (periferia a sud est di Tripoli) il governo di concordia nazionale sta vagliando la possibilità di chiudere di tutti i centri di detenzione di migranti e di rilasciare, quindi, tutti i prigionieri.

Bashaga ha sottolineato che il governo ha il dovere di proteggere tutti i civili, ma di fronte all'attacco ai centri di detenzione con dei jet F-16 non può fare nulla.

La decisione riguarderebbe, secondo le stime fornite dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni, tra i 6 e i 7mila migranti. Di questi, il 12% è rappresentato da donne quasi sempre vittime di stupri e di ogni sorta di abusi. I bambini, invece, sono il 9%. Provenienti da 40 Paesi diversi, arrivano soprattutto dal Niger (il 19%).dall'Egitto (14%), dal Ciad (13%) e dal Sudan (12%). Ben 3mila di loro sarebbero detenuti arbitrariamente a Tripoli e dintorni.

Nel bombardamento della scorsa notte, secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, hanno perso la vita 53 persone (tra cui 6 bambini).

Oltre 130 i feriti. Secondo un corrispondente di Al Jazeera - che ha precisato che nel centro vi erano soprattutto migranti provenienti dal Sudan, dalla Somalia e dall'Eritrea - tuttavia, il bilancio dell'attacco sarebbe di almeno 60 morti.

In un comunicato, il governo di Fayez Al Sarraj (che, ricordiamo, è appoggiato dagli Stati Uniti) ha accusato le milizie dell'Esercito nazionale libico guidato dal comandante Khalifa Haftar (che controlla buona buona parte dell'est e del sud del Paese).

Le forze di Haftar, però, hanno negato il loro coinvolgimento.

Crimini di guerra

L'Onu, sottolineando, la gravità di quanto accaduto ha reso noto che, dopo un primo raid, i migranti detenuti hanno provato a scappare, ma le guardie, fedeli al presidente Serraj, hanno aperto il fuoco.

L'agenzia ha anche ricordato che il centro di detenzione - sito vicino ad una base militare - era già stato colpito qualche mese fa, ma nonostante questo, le autorità non hanno mai smesso di trasferirvi rifugiati.

Al momento dell'attacco, il centro, tratteneva - contro la loro volontà - circa 600 persone (tra di loro, anche donne e bambini)

Ghassan Salamè, rappresentante speciale dell'Onu per la Libia, ha dichiarato senza mezzi termini che il bombardamento è un crimine di guerra, poi, ha invitato la comunità internazionale a condannarlo ed a imporre sanzioni. Ieri notte, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, si è riunito a porte chiuse, ma non è riuscito a raggiungere un accordo per condannare l'attacco.