Un grosso tatuaggio sull'avambraccio destro, un segno distintivo inequivocabile, ha permesso di risolvere in meno di 24 ore un caso tragico, un delitto feroce ed assurdo. La Squadra Mobile di Reggio Calabria ha arrestato Billi Jay Sicat, 43 anni, origini filippine, regolarmente in Italia da cinque anni. Martedì scorso, l'uomo ha ucciso, quasi decapitandola con una mannaia, Mariella Rota, 66 anni, tabaccaia. L'omicidio è accaduto a via Melacrino, a poca distanza da piazza De Nava, nel centro di Reggio Calabria.

La 'colpa' della donna è stata di essere titolare dell'esercizio dove Sicat giocava tutti i giorni alle slot-machine perdendo.

Per l'uomo, ludopatico, la donna sarebbe stata responsabile delle sue continue perdite al gioco, e per vendicarsi l'ha uccisa. Deve rispondere di omicidio volontario premeditato.

Delitto commesso con 'inaudita violenza', la ricostruzione

Lo scorso martedì, poco prima dell'ora di chiusura, intorno alle 13:00, il filippino si è presentato nella tabaccheria di Mariella Rota. La frequentava ogni giorno per tentare la fortuna ai giochi. Quel giorno, l'ultimo della vita della povera tabaccaia, Sicat aveva purtroppo previsto di fare una sortita nell'esercizio pubblico con un intento atroce: nel negozio era entrato armato di mannaia nascosta nella cintola: per gli inquirenti, non ci sono dubbi che si è trattato di un omicidio volontario premeditato.

A ricostruire con esattezza le fasi della feroce esecuzione, sono stati, nel corso di una conferenza stampa alla Questura di Reggio Calabria, il procuratore Giovanni Bombardieri, l'aggiunto Gerardo Dominijanni, il questore Maurizio Vallone e il capo della Squadra Mobile, Francesco Rattà. Sul posto dopo l'omicidio, Rattà ha detto di non aver mai visto in tutta la sua carriera una scena tanto raccapricciante.

Prima di entrare nel negozio, il filippino si è guardato intorno per sincerarsi che non ci fosse nessuno, quindi con un gesto repentino ha abbassato la saracinesca: la vittima non ha avuto scampo. Con uno scatto ha aggredito la donna che, colta alla sprovvista, ha tentato di reagire ma è stata ripetutamente colpita con una mannaia che le ha prima tranciato le dita di una mano.

Poi, è stata colpita alla gola più volte fino ad essere quasi decapitata.

Per sviare le indagini e indurre gli investigatori a credere che si fosse trattato di un omicidio a scopo di rapina, visto che la donna ne aveva subite più di una, il filippino ha trascinato il corpo nell'androne che collega il negozio all'abitazione della vittima. A dare l'allarme sono stati dei vicini che avevano sentito delle grida provenire dall'androne in cui poi la donna brutalmente uccisa è stata trovata dalla polizia.

A tradire l'omicida, consentendo la sua individuazione e la risoluzione del caso in meno di un giorno, oltre al sistema di videosorveglianza, è stato il suo tatuaggio. Il filippino credeva di averla fatta franca sottraendo l'hard-disk del computer interno del locale: ma le immagini del circuito di sorveglianza erano rimaste registrate nella telecamera e lo hanno inchiodato mostrando i suoi lineamenti e la vistosa incisione sull'avambraccio destro che lo rende inconfondibile.

Il movente, la folle vendetta di un ludopatico

La accusava di truffa per le mancate vincite: la tabaccaia, cordiale e discreta, conosciuta da tutti al centro di Reggio Calabria, era diventata la sua ossessione: era arrivato ad odiarla considerandola la causa di tutti i suoi guai. Il filippino, ludopatico e nullafacente, trascorreva giornate intere dentro la tabaccheria della sua vittima per tentare incessantemente la fortuna, secondo i terribili criteri smodati delle persone dipendenti dal gioco. Una dipendenza che, come una droga, rovina ragazzi, adulti, intere famiglie.

Sicat voleva vendicarsi della titolare dell'esercizio perché ritenuta responsabile delle sue perdite economiche che in realtà andavano a scapito della moglie, tra i due la sola che lavori, mandando in fumo anche tutto lo stipendio di lei.

Sempre più convinto che la vittima lo stesse truffando, l'ha uccisa brutalmente. Per gli investigatori vale come prova aggiuntiva della premeditazione, il fatto che il filippino avesse portato degli abiti di ricambio: dopo il delitto, si è tolto la maglietta sporca di sangue e ne ha indossata una pulita, per poi tornarsene in tutta tranquillità nella sua abitazione che dista circa un chilometro dal luogo dell'omicidio. La visione delle immagini della videosorveglianza del locale commerciale e di quelle delle telecamere della zona che gli inquirenti hanno acquisito in tempi brevi, è stata determinante per individuare il filippino e fermarlo in casa mentre si preparava ad andarsene. Ieri c'è stato l'interrogatorio di garanzia in carcere.