"Non ho mai pensato al suicidio": una lettera scritta in forma di memoria difensiva il giorno prima della morte, suscita non pochi interrogativi su un caso, umano prima che giudiziario, amarissimo. La Procura di Milano ha aperto un fascicolo, al momento contro ignoti, per istigazione al suicidio.
Di certo, c'è una storia familiare difficile e molto ingarbugliata con coinvolgimento di servizi sociali e comunità, dietro la tragica vicenda della donna di 43 anni che lo scorso lunedì si è lanciata dalla tromba delle scale di un edificio signorile di Milano con in braccio la figlia di due anni.
La donna è morta sul colpo dopo essere precipitata dall'ottavo piano. La bambina si è salvata, ma resta ricoverata in gravissime condizioni all'ospedale Niguarda di Milano. L'inchiesta della magistratura dovrà accertare i fatti e rintracciare eventuali responsabilità.
Il memoriale difensivo
Lo scorso venerdì pomeriggio, in esclusiva a Pomeriggio Cinque, è stata letta la memoria difensiva di una pagina scritta dalla mamma che lunedì scorso si era lanciata con la figlia dall'ottavo piano di un palazzo di Milano, a viale Regina Margherita. La donna era entrata nell'edificio con la scusa di avere un appuntamento con un avvocato il cui studio legale si trova al primo piano, per poi salire, invece, fino all'ultimo piano e lanciarsi nel vuoto.
Si ipotizza che abbia fatto un sopralluogo preliminare in quell'edificio sprovvisto di ascensore dove non risulta che conoscesse nessuno, neanche l'avvocato che lì ha sede e che, tra l'altro, si occupa proprio di diritto di famiglia.
Nella lettera trovata nella borsa la donna, che era seguita dai servizi sociali per problemi di tossicodipendenza avuti in passato e con l'obbligo di dimora in una comunità con la figlia, chiede scusa per gli errori commessi: "Mi scuso per aver trasgredito i regolamenti della comunità - si legge nel testo - ma tutte le sciocchezze che ho fatto, le ho fatte per la mia bambina.
Per lei e solo per lei, a volte, ho disobbedito e però ora me ne pento". Sostiene che l'ha fatto perché temeva che il padre potesse essere pericoloso per la figlia, e di aver subito dispetti, accuse gratuite, affermazioni false per denigrare la sua capacità genitoriale. Scrive di aver garantito educazione e mantenimento della bambina, a cui, invece, il padre, malgrado fosse obbligato a farlo, non avrebbe partecipato.
"Mi piacerebbe crescere mia figlia con l’amore che merita e avere un rapporto civile con il padre. In casa mia non ci sono state mai droghe e non ho mai lasciato la piccola da sola con qualcuno". A conclusione della lettera, sositiene di non aver mai avuto istinti suicidi e di non aver mai pensato di togliersi la vita, "a meno che non consideriamo tali delle semplici imprecazioni che tutti abbiamo per delle arrabbiature". Una tesi ben diversa da quella del padre di sua figlia, secondo il quale la donna avrebbe minacciato il suicidio fin quando era incinta.
Poi c'è una nota dei servizi sociali che hanno in affido la piccola da quando è nata, redatta cinque giorni prima dei tragici fatti. Il documento segnala che la donna, a cui erano già stati tolti gli altri due figli, non vive nella comunità cui è stata assegnata ed ha rifiutato l'alloggio in una comunità alternativa che le è stato proposto.
Intanto la bambina, arrivata al Niguarda con frattura al bacino, lesioni alla milza e contusioni polmonari, resta in terapia intensiva e in prognosi riservata ma lascia ben sperare il fatto che non avrebbe riportato danni cerebrali.
Aspra battaglia legale tra i genitori
Al Tribunale dei Minori esiste un faldone sulla bambina che dalla nascita è in carico ai servizi sociali. Il fascicolo ora, verrà acquisito dal sostituto procuratore di Milano, Maura Ripamonti, titolare dell'inchiesta contro ignoti per istigazione al suicidio. Il padre della bambina ha parlato di tragedia annunciata. Con istanze urgenti al Tribunale datate 2 e 9 settembre, e nel corso di un’udienza del 12 settembre l’uomo, tramite i suoi legali, aveva chiesto l’affido esclusivo o, in alternativa, la protezione della bimba denunciando che fosse in pericolo perché la madre avrebbe detto di volerla uccidere, sarebbe stata denunciata per abbandono di minore, avrebbe avuto un giro di frequentazioni molto ambiguo.
Per questi motivi, tra i genitori della piccola c'era un'aspra battaglia legale. A fronte di una situazione a rischio, la donna avrebbe continuato a vivere in piena autonomia senza rispettare le regole imposte dal Tribunale dei Minori e non avrebbe subito alcuna conseguenza, eccetto qualche blando richiamo.
Il sostituto procuratore dovrà studiare le migliaia di pagine che contengono le relazioni dei servizi sociali. L'analisi attenta potrebbe far emergere responsabilità e modificare l'ipotesi di reato contro ignoti a carico di qualcuno. La mamma suicida, si è sempre descritta come vittima di un complotto. Sembra che in passato avesse accettato di sottoporsi ad analisi che non avrebbero riscontrato l'assunzione di cocaina. L'ex compagno aveva presentato l'ultima istanza al Tribunale dei minori tre ore prima del suicidio.