La vicenda giudiziaria di Tekashi 6ix9ine continua a monopolizzare le cronache Rap in tutto il mondo, catturando significative attenzioni anche al di fuori dall'ambito prettamente musicale.

Il rapper, detenuto in una prigione federale di New York, la sua città, da circa un anno, ha deciso di diventare un collaboratore di giustizia, nella speranza di ottenere un significativo sconto di pena rispetto ai possibili 47 di carcere che erano stati ipotizzati in un primo momento.

L'artista newyorkese classe 1996 è infatti accusato di svariati reati, per lo più gravissimi, come un tentato omicidio, l'affiliazione ad una gang criminale, che avrebbe ripetutamente finanziato in cambio di 'protezione e credibilità', ma anche spaccio di droghe pesanti, estorsione e detenzione illegale di armi.

Negli ultimi giorni la sua collaborazione con le autorità si è concretizzata in aula, durante il processo alla 'Nine Trey', la gang a cui ha ammesso di essere stato affiliato. Il rapper ha infatti fornito ai giudici svariate informazioni, arrivando addirittura ad accusare alcuni colleghi di far parte di altre gang.

Il programma di protezione testimoni sembra un scelta obbligata ma difficilmente praticabile

Con il passare dei mesi in molti hanno iniziato ad interrogarsi su quale potrebbe essere il futuro dell'artista se, come sostengono in molti, incluso lui stesso, dovesse ottenere la libertà nel giro di pochi mesi. Appare sempre più probabile infatti la possibilità di un ingresso nel programma di protezione testimoni, per lui e la sua famiglia, dato che difficilmente la gang a cui era affiliato – così come e le altre che ha citato – potrebbe perdonarlo per la decisione di aver voluto collaborare con la giustizia.

Allo stesso tempo però risulta difficile capire in che modo un artista di fama mondiale, il cui volto – caratterizzato per di più da numerosi tatuaggi che lo rendono ben identificabile – è probabilmente ancor più noto delle sue canzoni da centinaia di milioni di views su YouTube, possa non essere riconosciuto in una qualsiasi località americana, per quanto remota possa essere.

Secondo Jay Kramer, ex agente e funzionario FBI raggiunto dal Times, tutto ciò sembra invece concretamente plausibile e realizzabile.

Jay Kramer: 'Se cambia taglio di capelli e modo di vestire si può fare'

"Anche se ormai il mondo è del tutto interconnesso – ha spiegato l'ex agente FBI – anche se in questo Paese i Social network la fanno da padrone e la gente ha un'enorme fame di notizie, posso assicurare che esistono località dove, se questo ragazzo si taglia i capelli e inizia a vestirsi con capi di abbigliamento normali, nessuno verrebbe a sapere chi è realmente".

Non è chiaro al momento se il programma di protezione testimoni finanzierà anche la rimozione dei numerosi tatuaggi dell'artista, secondo alcune fonti sì, secondo altre sembra improbabile, ciò che c'è di certo è che la rimozione di segni così distintivi appare come un elemento imprescindibile per la riuscita effettiva del protocollo.