Sta suscitando molte polemiche la sentenza appena emessa nei confronti dell’attrice Felicity Huffman. La celebre interprete della Serie TV Desperate Housewives è stata condannata a 14 giorni di galera, un’ammenda di 30mila dollari, un anno in libertà vigilata e 250 ore da passare ai servizi sociali.

Indira Talwani, giudice del tribunale di Boston, ha stabilito questa pena, non accogliendo le richieste del sostituto procuratore Eric Rosen, che aveva chiesto almeno un mese di carcere per l’imputata, ritenuta colpevole di aver pagato una tangente di 15mila dollari per permettere alla figlia Sophia di essere ammessa al college.

Il caso della Huffman rientra in un ampio scandalo che ha molto colpito l’opinione pubblica negli Stati Uniti, anche perché ha coinvolto diverse famiglie in vista, accusate di essersi rivolte ad una rete criminale che facilitava l’accesso alle università più esclusive per i loro rampolli, in cambio di denaro.

Il sistema adottato per facilitare l’accesso al college

L’inchiesta ha portato alla luce il sistema di corruzione che faceva capo a William Singer, un faccendiere che aveva creato Key, società di consulenza scolastica, ed una fondazione non profit, attraverso le quali incassava le tangenti dai genitori facoltosi, per facilitare l’ingresso dei figli al college. Infatti i test di ammissione erano truccati grazie ai funzionari degli atenei compiacenti, mentre gli allenatori coinvolti nella truffa riuscivano a spacciare per grandi atleti anche ragazzi che non avevano mai raggiunto notevoli risultati nello sport.

Felicity Huffman è stata la prima dei 51 imputati a subire un processo: l’attrice 56enne era stata arrestata già nel marzo scorso e a maggio aveva confessato di aver versato 15mila dollari a Singer, per modificare la prova di ammissione della sua primogenita Sophia. In aula, durante l’ultima udienza, l’interprete ha chiesto pubblicamente scusa alla figlia per il suo comportamento: “Sono stata una stupida, mi vergogno di ciò che ho fatto – ha detto – avrei potuto rifiutarmi di pagare, adesso sono pronta ad assumermi ogni responsabilità e a subire le meritate conseguenze”.

Le polemiche sull’entità della pena

In realtà i legali della star sono riusciti a ridurre notevolmente il danno per la loro cliente. Nell’arringa difensiva hanno sostenuto che l’attrice non meritasse il carcere, proponendo pene alternative. Non è stato dello stesso avviso il sostituto procuratore che nella sua requisitoria ha parlato di “un vero crimine” da punire in maniera adeguata, considerando “che tutti sono soggetti alla legge, indipendentemente dalla loro ricchezza e posizione sociale”.

Inevitabili le polemiche sulla sentenza, giudicata troppo lieve: in molti hanno fatto notare come nel sistema giudiziario americano molti imputati, specialmente se afroamericani e sprovvisti di risorse, sono condannati a pene decisamente più pesanti per reati equiparabili, o anche meno gravi.