Sono stati sfruttati per mesi nei campi della Romagna, hanno guadagnato cinquanta euro al mese per raccogliere frutta e verdura o potare gli alberi nelle campagne romagnole ma questo traffico di braccia umane è stato stroncato grazie all'intervento degli agenti della squadra mobile di Forlì. Le indagini, portate avanti dai poliziotti della questura forlivese, hanno scoperto che circa una cinquantina di persone, in gran parte pachistani e afghani, erano sfruttati e sottopagati, nei campi dal lavoro di una organizzazione a delinquere, che li ha alloggiati in casolari senza acqua corrente, con poco cibo e dei materassi come giacigli posati a terra.

Questo è stato il quadro desolante di un'organizzazione di 'caporalato' composta da quattro pachistani, due di 44 anni e di 22 anni.

L'operazione della polizia è stata condotta insieme con gli ispettori dell'Inps

Questa operazione della Polizia, con l'ausilio degli ispettori del lavoro dell'Inps, ha determinato che gli indagati hanno reclutato direttamente i lavoratori, i quali hanno cercato di ribellarsi a questo inumano trattamento, ma a loro volta sono stati intimiditi e minacciati della perdita dell'impiego con l'uso della forza. Sono stati accompagnati nei luoghi di lavoro, mentre i pachistani hanno gestito direttamente il rapporto con i committenti che hanno richiesto per le campagne questa manodopera a basso costo.

I quattro 'caporali' hanno guadagnato una cifra, secondo la stima degli investigatori, dagli 80 ai 100mila euro, somma che è stata inviata nella loro terra d'origine tramite Western Union o Money Gram su conti fittizi. Sono stati denunciati anche diversi imprenditori di aziende agricole della Romagna che hanno chiesto l'impiego di questi lavoratori.

Il modus operandi degli indagati

Gli stranieri, indagati per i reati dello sfruttamento illegale di lavoro e riduzione in schiavitù, per portare avanti la loro impresa commerciale, hanno creato due ditte individuali, che sono poi risultate fittizie perché gli indirizzi indicati nella documentazione sono relativi a degli immobili abbandonati da anni.

Ai braccianti è stata promessa una paga oraria di cinque euro netti, a fronte di quella prevista del contratto nazionale di 9,6 euro, con una diabolica decurtazione effettuata alla fonte: 250 euro per il vitto e 200 per l'alloggio. A loro volta i caporali hanno ricevuto dai committenti una quota netta di 12-13 euro a lavorante, rispetto ai venti previsti per legge. Il titolare dell'indagine, il pm di Forlì Maria Teresa Cameli, la titolare dell'inchiesta, ha proposto l'iscrizione nel registro degli indagati anche di diversi titolari di Ravenna, Forlì e Rimini, che a loro volta non hanno mai provveduto all'approntamento dei cantieri di lavoro. Agli operai è stato persino vietato di espletare i loro bisogni fisiologici o fermarsi in pausa pasto in un ambiente riparato, un vero e proprio "vergognoso asservimento umano", come ha dichiarato la Procura.