I pediatri di Bergamo, in particolare quelli dell'ospedale Papa Giovanni XXIII (in prima linea nella lotta al Covid-19), hanno notato un aumento preoccupante dei casi di sindrome di Kawasaki, una patologia considerata rara che colpisce soprattutto i bimbi sotto gli 8 anni. confermata nelle scorse ore anche dal professor Massimo Agosti (responsabile del Dipartimento materno infantile Azienda Ospedaliera-Polo Universitario di Varese), però, gli esperti hanno rassicurato: se si interviene con una terapia adeguata entro i primi 10 giorni è possibile contrastare gli effetti più gravi.

Aumento dei casi di sindrome Kawasaki a Bergamo

La malattia di Kawasaki, una vasculite che può interessare anche le arterie coronariche, colpisce soprattutto neonati e bambini fino ai 5 anni (questo range rappresenta circa il 75% dei pazienti). Si tratta di una patologia rara: ogni anno, in Italia, si verificano, mediamente, tra i 250 ed i 400 casi.

Nelle scorse settimane - Lucio Verdoni, reumatologo pediatra e Lorenzo D’Antiga, direttore della Pediatria del Papa Giovanni - hanno notato un aumento importante di casi di sindrome di Kawasaki. In un mese, infatti, si è registrata una frequenza pari a quella degli ultimi 3 anni. Così, Angelo Ravelli, segretario del gruppo di studio di Reumatologia della Società Italiana di Pediatria, ipotizzando un probabile legame tra sindrome di Kawasaki e Covid-19, ha lanciato l'allarme nella comunità scientifica e, con una lettera indirizzata a 11.000 pediatri, li ha invitati a prestare maggiore attenzione.

Tuttavia - come dichiarato dal dottor Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria (Sip) e componente del Comitato tecnico scientifico sul Coronavirus - questo nesso non è stato confermato. Solo il monitoraggio attualmente in corso, ha aggiunto, permetterà di fare chiarezza.

I sintomi

L'eziologia della malattia di Kawasaki, ad oggi, è sconosciuta, ma l'epidemiologia e la sua manifestazione clinica fanno propendere per un'infezione o per una risposta immunologica definita "anomala" ad un'infezione.

I pediatri hanno spiegato che questa patologia tende a progredire per stadi e presenta una particolare sintomatologia che dovrebbe mettere in allerta i genitori.

Il primo "sintomo spia" è la febbre alta (sopra i 38,5 gradi) che perdura per 5 giorni e che non risponde alla terapia. Poi, solitamente, sopraggiunge una congiuntivite di tipo non secretiva, accompagnata da un'eruzione cutanea, arrossamento, gonfiore alle estremità ed iperemia faringea (che può causare difficoltà a respirare, a parlare e a deglutire).

La terapia

Sebbene la sindrome di Kawasaki sia una patologia molto seria e pericolosa (può portare allo sviluppo di aneurismi delle arterie coronariche e causare l'infarto del miocardio) può essere curata in maniera efficace.

Come hanno sottolineato gli esperti se, entro il decimo giorno, si instaura una terapia con immunoglobuline è, possibile contrastare gli effetti più gravi ed evitare "esiti importanti". La maggior parte dei pazienti ha una reazione positiva significativa già entro le prime 24 ore dall'inizio della terapia.

Il fattore tempo, però, come ha sottolineato il dottor Villani è fondamentale: una rapida diagnosi, accompagnata da un immediato trattamento, può fare la differenza. In proposito, il pediatra, sottolineando che questo particolare momento è difficile sia per i genitori che per i bambini, ha dichiarato: "La paura del Coronavirus sta tenendo lontani molti dagli ospedali. Questo è un errore grave".