Silvia Romano è finalmente libera. Dopo 18 mesi di prigionia in Africa, la cooperante italiana è stata liberata sabato 9 maggio. Nella giornata di domenica 10 maggio, intorno alle 14, un aereo dell'intelligence è atterrato a Ciampino, dove Silvia ha potuto riabbracciare la sua famiglia. Vestita con gli abiti tradizionali dell'Islam, sulla conversione religiosa, la donna ha dichiarato subito di aver preso questa scelta nella massima libertà, senza costrizioni di nessun genere.

Il ritorno in Italia: l'emozionante ritrovo con la famiglia

Alle 14 di domenica 10 maggio, Silvia Romano è tornata in Italia.

Ad accoglierla, al suo ritorno dopo la prigionia, c'erano il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi di Maio. In seguito, la cooperatrice ha potuto riabbracciare di nuovo la mamma, il papà e la sorella, in un emozionante saluto che tutti attendevano da tanto tempo. Da lì, il trasferimento in caserma per incontrare i pm che hanno aperto un'indagine sul rapimento di Silvia.

Nella prigionia la conversione all'Islam: 'Non è stata un'adesione forzata'

Silvia Romano è scesa dalla scaletta del volo privato che l'ha riportata in Italia vestita con la jilbab, un abito tradizionale indossato dalle donne in Kenya e Somalia, facendo subito capire di essersi convertita alla religione islamica.

Tuttavia, Silvia ha immediatamente precisato che la conversione non è avvenuta per obbligo dei suoi carcerieri, ma perché è stata lei stessa a sentirne la necessità: "È successo a metà prigionia, quando ho chiesto di poter leggere il Corano e sono stata accontentata". Nessuna pressione psicologica o fisica quindi: "Nessuno mi ha costretta, e non è vero che sono stata obbligata a sposarmi, non ho avuto costrizioni fisiche né violente", ha dichiarato la cooperante.

Silvia ha poi continuato il suo racconto: "Mi è stato messo a disposizione il Corano, e grazie ai miei carcerieri ho imparato anche un po' di arabo. Loro mi hanno spiegato la loro cultura, e il mio processo di conversione è stato lento".

Il racconto della detenzione

Silvia ha raccontato ai pm i duri mesi della sua prigionia, dicendo di aver cambiato covo ogni tre mesi, ma di essere sempre stata trattata bene, senza essere mai stata legata: "Mi hanno assicurato che non sarei stata uccisa e così è stato".

I luoghi dei nascondigli erano tutti posti molto abitati, ma Silvia non ha mai potuto incontrate altre donne. Come raccontato dalla cooperante, i sequestratori erano sempre gli stessi: tre di loro sono stati arrestati e sottoposti a processo, anche se le udienze sono state interrotte a causa dell'emergenza coronavirus che sta imperversando anche in Kenya. Tuttavia, uno dei tre uomini, Adam Omar, considerato il più pericoloso, è in libertà su cauzione e latitante. Di lui si sono perse le tracce.