É grande l'indignazione suscitata in Polonia dalla sentenza che modifica e irrigidisce la legge sull'aborto dichiarandolo incostituzionale in caso di malformazione grave o malattie del feto. É una settimana ormai che migliaia di donne e uomini continuano a mobilitarsi per le vie di Varsavia manifestando e gridando incessantemente tutta la propria rabbia contro il verdetto della Corte costituzionale polacca. Il tentativo è quello di richiamare l'attenzione pubblica, del governo e del mondo, affinché si possa intervenire su quella che ad oggi è una delle normative più stringenti e dure mai emesse nell'Unione Europea nei confronti delle donne.
La decisione della Corte
I giudici hanno motivato la sentenza, approvata con 11 voti a favore e 2 soli contrari, affermando che non può esserci tutela della dignità dell'individuo senza la protezione della vita stessa. In Polonia vigeva già dai primi anni novanta una delle legislazioni più condizionanti d’Europa in materia di interruzione di gravidanza, il decreto infatti consentiva l’aborto solo ed esclusivamente per tre motivi: effetti collaterali mortali per la donna, abuso fisico o incesto e gravi malformazioni dell'embrione.
Con la nuova sentenza, alle signore sarà consentito abortire solo per i primi due motivi, non più per il terzo. Al momento sono meno di 2.000 gli aborti legali all'anno in Polonia, con l'ultimo provvedimento che rischia di dare il là ad un forte ricorso all'aborto clandestino.
Una battaglia contro le donne
Il Governo nelle ultime ore ha condannato le proteste e convocato l’esercito per fermare, in un contesto di grave nervosismo, i cittadini scesi in piazza. Si stima i manifestanti siano 250.000 solo a Varsavia, le città coinvolte sarebbero più di 100. Ieri le proteste sono arrivate nelle chiese, interrompendo le funzioni per ribadire che sul corpo delle donne non può e non deve decidere né il governo né la Chiesa.
Per questa settimana sono fissati già due scioperi nazionali. La sentenza ha riportato in piazza anche i movimenti femministi e le cosiddette czarny protest (proteste in nero) già viste in azione negli ultimi anni, l’ultima volta prima del lockdown quando si riversarono in strada per contestare l'abbozzo di legge che vietava l’aborto disponendo 5 anni di carcere sia per le donne che avessero cercato di abortire che per i medici che avessero acconsentito all'intervento.
Nonostante il paese sia a maggioranza cattolico, secondo diversi sondaggi gran parte della popolazione sarebbe contraria a questa radicalizzazione della legislazione. Quella che il governo sperava fosse una protesta trascurabile sta diventando un movimento nazionale e non solo.
Soddisfazione invece per la presa di posizione della Corte è stata espressa dal monsignor Stanislawa Gadecki, Presidente della Conferenza dei vescovi polacchi.
La reazione dell'Europa
La protesta, che ormai ha varcato i confini nazionali, raccoglie adesioni dalle donne in varie parti del mondo. Le reazioni a supporto delle manifestanti pro aborto arrivano da personaggi famosi, da Amnesty International e Human Rights che criticano duramente la sentenza sui profili social.
I movimenti femministi, a causa delle restrizioni Covid e del dilagare del virus che ha reso la Polonia zona rossa con un limite di aggregazione di massimo 5 persone, hanno deciso di continuare le proteste con iniziative online. La rivolta che nelle ultime ore si è trasferita anche sui social, è fortemente sostenuta anche da Amnesty Europe e dal supporto delle donne di tutto il mondo. Va ricordato che la sentenza non è ancora entrata in vigore, la speranza è che non si arrivi mai al punto di vederla legge.