Gli investigatori di polizia non si sono mai fermati. E ora continuano a indagare per dare un volto e un nome ai complici di Mirko Marteddu, il fabbro 39enne di Orotelli, arrestato qualche giorno fa con l’accusa di essere uno degli esecutori materiali della rapina, poi sfociata in omicidio, di Giuseppino Carboni, il pensionato oristanese di 86 anni, pestato a sangue e rapinato nel giugno del 2008 all’interno della sua abitazione di Soddì, in provincia di Oristano. Per quel brutale delitto, tre giorni fa era finito in manette il fabbro originario di Orotelli, incastrato dagli investigatori di polizia grazie a un'impronta della mano lasciata sul nastro che i malviventi avevano utilizzato per immobilizzare e imbavagliare l'uomo, morto dopo qualche ora per soffocamento.

Gli inquirenti, esaminando i tabulati telefonici di Marteddu, avevano anche accertato che l’uomo nell’ora del delitto aveva agganciato delle celle telefoniche, compatibili con la sua presenza nella zona del delitto. L’uomo, accusato di rapina e omicidio, ieri mattina in videoconferenza dal carcere nuorese di Badu ‘e Carros, ha fatto scena muta di fronte al giudice del Tribunale di Oristano, Silvia Palmas. Durante l’interrogatorio di garanzia Marteddu, difeso dalla avvocatessa del Foro di Nuoro, Caterina Zoroddu, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Probabilmente una strategia scelta dal suo legale per studiare meglio le carte dell’accusa. Il fabbro 39enne era stato prelevato qualche giorno fa dalla sua abitazione di Orotelli, in provincia di Nuoro, dove si trovava agli arresti domiciliari.

Il fabbro infatti era stato intercettato qualche tempo prima dagli uomini della Guardia di Finanza di Varese mentre trasportava un carico di 100 chili di marijuana verso la Svizzera.

Caccia ai complici

Da subito gli abili investigatori della polizia avevano capito che la rapina sfociata nel delitto era opera di almeno tre persone.

La scena del delitto infatti parlava chiaro. La casa era stata messa completamente a soqquadro da più persone, che probabilmente cercavano denaro e oggetti preziosi. Mentre Giuseppino Carboni, legato e imbavagliato, era stato trovato privo di vita sul letto della sua camera. L’uomo, secondo le indagini e i referti medici, prima di essere immobilizzato era stato picchiato selvaggiamente dai malviventi.

Probabilmente con lo scopo che il pensionato rivelasse dove avesse i soldi e gli oggetti preziosi. La caccia all’uomo è aperta e gli uomini della Squadra Mobile della questura di Oristano sono fiduciosi. Anche perché si ha il sospetto che per diversi anni, in tutta quella zona dell’oristanese, in particolare dal 2005, una vera e propria banda organizzata metteva in atto fatti delittuosi. Un gruppo di amici e non sempre gli stessi che, secondo gli investigatori, studiava le vittime (soprattutto anziani), prima di entrare in azione e poi rapinarle, spesso dopo averle riempite di botte.

Botte e rapine

Secondo le indagini della polizia i malviventi sceglievano le vittime dopo averle seguite per tempo.

Il profilo dei rapinati era infatti sempre lo stesso. Pensionati benestanti e soli che abitavano in zone periferiche o comunque non troppo frequentate e trafficate. Persona insomma con una buona disponibilità di denaro all’interno dell’abitazione. Come nel caso appunto di Giuseppino Carboni. La cosa importante per i malviventi era andare via con un cospicuo bottino. Come era capitato appunto nel paese di Tresnuraghes, sempre in provincia di Oristano, quando fu rapinato e ucciso da una banda armata Mario Serra, pensionato 76enne. Stessa modalità di rapina anche a Bonarcado, qualche tempo dopo, dove venne rapinato Giovanni Sassu. Proprio in quest’occasione, assicurano gli inquirenti, un’intercettazione aveva rivelato che durante la rapina ci dovesse essere anche Mirko Marteddu. L’uomo però aveva dato buca ai complici.